Giovedì 21 Novembre 2024
ALESSANDRO FARRUGGIA
Cronaca

Silvia Romano, i mesi di trattative degli 007 poi il riscatto

La cooperante sequestrata in Kenya nel 2018 è stata rilasciata in Somalia. Alcune settimane fa un video per dimostrare che era viva. Le prime parole: ho resistito. Il blitz dell’intelligence italiana coi servizi segreti turchi e somali. Oggi a Roma sarà sentita dai pm

Silvia Romano (Facebook)

Silvia Romano (Facebook)

Roma, 10 maggio 2020 - "Presidente, Silvia è libera, al sicuro, sotto il nostro controllo. La stanno portando alla base dell’Onu a Mogadiscio". Era raggiante il generale Luciano Carta, direttore dell’Aise, quando in mattinata ha comunicato al presidente del Consiglio Giuseppe Conte che era fatta. Quando nel pomeriggio tutto era terminato, Conte ha così potuto twittare: "Silvia Romano è stata liberata! Ringrazio le donne e gli uomini dei nostri servizi di intelligence. Silvia, ti aspettiamo in Italia!".

Conte ha poi parlato con la ragazza. "Sono stata forte, ho resistito – ha detto Silvia, che aveva poco prima telefonato alla madre – sto bene e non vedo l’ora di tornare in Italia". Silvia atterrerà oggi alle 14 in Italia, a Roma Ciampino, e sarà sentita dai pm. Che le cose iniziassero a mettersi bene lo si era capito a inizio anno, quando i mediatori somali che lavoravano assieme al team dell’Aise che svolgeva le trattative ha avuto "non prove ma elementi convincenti" che Silvia era viva.

Decisivo il ruolo dell’intelligence turca che ha fornito notizie "precise e determinanti" sul gruppo dei terroristi Al Shabaab che deteneva la ragazza. A quanto pare elementi che lavoravano per Mahad Karate, capo di Amnyat, la intelligence degli Shabaab fino a febbraio. Proprio il venir meno della copertura di Warsame ha sbloccato la trattativa. I rapitori – che nell’ultimo anno e mezzo hanno cambiato tre volte il covo, tra le province di Juba e Shabelle – hanno temuto un blitz militare e hanno abbassato le pretese.

Recentemente hanno fornito un video che provava che la ragazza era ancora viva. Era quello che avevano chiesto gli italiani. Gli operativi dell’Aise hanno concluso la trattativa, che – secondo fonti somale – in cambio della liberazione prevede per i mediatori un corrispettivo economico, la liberazione di alcuni esponenti vicini al movimento detenuti in Somalia e un pacchetto di aiuti. A complicare le cose sono intervenute le piogge torrenziali (le consuete Gù, che si abbattono ad aprile) che hanno investito il pieno la Somalia, allagando anche la zona dove era detenuta Silvia.

La liberazione era prevista per la mattinata di ieri e così è stato. Mentre all’alba un aereo executive dell’Aise decollava da Ciampino alla volta della Somalia, alle 4 del mattino l’operazione liberazione partiva. La ragazza è stata consegnata da due Shabaab a due mediatori somali nei pressi della località di Afgoi, nel basso Shabelle, a 30 km da Mogadiscio. I mediatori l’hanno poi portata al team dell’Aise a bordo di un blindato italiano Lince (e uno di scorta) messo a disposizione del piccolo contingente italiano di addestratori che opera in Somalia, che li seguiva. Il tutto sarebbe avvenuto sotto il discreto controllo di un drone americano Mq9 Reaper, in grado di fornire immagini ad alta definizione del target e anche dare una copertura di fuoco (con i suoi missili Hellfire).

Pronta nel compound Onu anche una forza di estrazione a bordo di elicotteri. Ma per fortuna tutto è andato come previsto. Silvia è stata portata al compound Onu e poi alla foresteria dell’ambasciata italiana dove è stata accolta dall’ambascitore Alberto Vecchi: "L’ho appena vista – ha detto – e mi pare stia bene, sia fisicamente che psicologicamente, è una ragazza molto forte, è una ragazza in gamba, mi pare che abbia resistito". Dopo tanta sofferenza, finalmente la libertà.