Martedì 26 Novembre 2024
VIVIANA PONCHIA
Cronaca

Nella Sigifer, l’azienda degli operai morti a Brandizzo: "Noi, come una famiglia". Ma i sindacati attaccano: “Ritmi folli e zero sicurezza”

I 5 addetti travolti dal treno lavoravano per la Sigifer, impresa leader nel settore ferroviario. Un fiore all’occhiello di Borgo Vercelli con 250 dipendenti e 13 milioni di fatturato

Borgo Vercelli, 2 settembre 2023 – Una “famiglia” di 250 persone, non proprio l’Olivetti ma comunque un’impresa che Borgo Vercelli si tiene stretta. Il sindaco Mario Demagistri pensa a quanti ragazzi della zona dà lavoro la Sigifer, parla con orgoglio di "un fiore all’occhiello" del territorio. Impresa leader nel settore di costruzione e manutenzione impianti ferroviari, spiega il sito, con clienti di peso come il gruppo Rfi-Trenitalia e il gruppo Clf, con solide radici nel mondo cooperativistico. Hanno messo le loro saldatrici sulla nuova linea della stazione di Torino Porta Susa, Torino Stura, Biella San Paolo. Ampliato l’alta velocità sulla Torino-Milano. E poi il Sudamerica, l’Albania. Entri e ti sistemi.

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"Il treno non lo senti”

Poi, come nelle migliori famiglie, a qualcuno l’idea di mollare tutto viene sempre. Troppa fatica. Troppo duro lavorare anche di notte e rinunciare a una vita normale. Convivere con lo spettro che si agita di continuo sopra la testa di chi sta chino sui binari: "Il treno, quando lo senti, ce l’hai già addosso". Non c’è possibilità di manovra, di frenata, niente. È sempre troppo tardi. Non è come stare in banca e tanto meno all’Olivetti. E quando le cose vanno male come oggi, nel giorno in cui il nome della famiglia entra di prepotenza sul podio dei peggiori disastri ferroviari di sempre, il fantasma se lo sentono addosso tutti. Si piange in questo angolo di Piemonte dove l’industria lambisce le risaie e in certe mattine limpide il cielo si rovescia a terra e la fa risplendere. "Cinque famiglie distrutte. Siamo devastati", dice il direttore generale Franco Sirianni, che poi è il padrone ed è il primo a volere risposte su quei ragazzi lanciati in aria come birilli, fatti a pezzi come manichini.

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Borgo Vercelli si sveglia triste. Quello della notte di mercoledì, quando in teoria i treni si fermano, era un intervento di routine per chi fa quel mestiere, per i sette operai in missione. Sei sui binari, uno al margine della massicciata: cinque morti e due illesi, sfiorati dal vento della macchina lanciata ai 160 all’ora.

La disperazione e le accuse

Il caposquadra Andrea Girardin Gibin, 53 anni, alla Sigifer da otto, stava nella fossa con i colleghi e non l’ha sentito arrivare. "Non so neppure io perché sono saltato via. Solo l’istinto mi ha fatto scansare all’ultimo istante". È volato lontano mentre i colleghi venivano straziati dal locomotore, adesso è indagato dalla procura di Ivrea come l’addetto di Rfi Antonio Massa.

Senza il via libera, nessuno avrebbe dovuto trovarsi lì. Quando arriva non lo senti. Poi la notizia deflagra e sveglia tutti in paese perché è successo ma non si sa ancora a chi e nelle famiglie attorno alla famiglia serpeggia il panico: "Non ho dormito tutta la notte – dice una donna – pensavo fosse accaduto a mio marito".

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Deborah, la cognata di Girardin Gibin, dice che Andrea continua a ripetere i nomi dei compagni. È uscito dall’ospedale, sta chiuso in casa, si aggrappa alla moglie. Gli psicologi hanno raccomandato di evitare telegiornali e social.

Le accuse dei sindacati

E sulla Sigifer in attività dal 1993, sul volume d’affari da 13 milioni di euro, si accendono i riflettori. L’Unione sindacale di base punta il dito sulla prassi delle esternalizzazioni, parla di una storia "già scritta fatta di appalti, privatizzazioni, mancato rispetto delle norme di sicurezza, aumento dei ritmi di lavoro, riduzione del personale". Altro che famiglia. Troppe volte si è sentito dire che la colpa è sempre di chi muore, capitò anche con il rogo della Thyssen quando si tentò di accusare di negligenza le sette vittime bruciate vive, salvo poi accertare le colpe della fabbrica. Alla Sigifer oggi si piange ma si aprono per forza i cassetti ai magistrati in cerca di documentazione sui lavori in corso, sui dispositivi di sicurezza. Nell’ora più buia piange il patron e piangono i suoi ragazzi: "Ci hanno mandati a morire". In famiglia, a un certo punto, bisogna dirsi tutto.