Venerdì 9 Agosto 2024
Giovanni Panettiere
Cronaca

Fine vita, monsignor Paglia: "Sì alle cure, ma l’ostinazione è irragionevole"

Intervista all’arcivescovo, presidente della Pontificia Accademia per la Vita

"Sì alle cure, ma l’ostinazione è irragionevole"

Monsignor Vincenzo Paglia, 79 anni

Città del Vaticano, 9 agosto 2024 – Riconoscere, da parte della Pontificia Accademia per la Vita, la natura di trattamenti sanitari dell’alimentazione e dell’idratazione artificiali è segno di una rinnovata volontà di dialogo con la scienza?

"Dobbiamo sgomberare il campo da un equivoco – puntualizza l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente dell’istituzione connessa alla Santa Sede –. La Chiesa ha una posizione chiara e umana sui temi del fine-vita. Sì alle cure, ma senza cadere nell’ostinazione irragionevole. Sì all’accompagnamento e ai trattamenti palliativi per il rispetto della dignità della persona. Riguardo all’idratazione e alla nutrizione artificiali, il ’Piccolo lessico’ ricorda che già nel 2007 la stessa Congregazione per la Dottrina della Fede, dopo aver affermato una presupposizione positiva per il loro utilizzo, ha riconosciuto che possano lecitamente essere interrotte o non iniziate, quando comportano “un’eccessiva gravosità o un rilevante disagio fisico”".

Quindi è lecito sul piano morale disporre nel testamento biologico di non voler ricevere l’idratazione o l’alimentazione artificiali, se non più efficaci dal punto di vista clinico?

"Le Dispozioni anticipate di trattamento hanno dei limiti, ma sono da tempo accettate nei documenti della Chiesa. Consentono alla persona malata di esprimere la propria volontà in anticipo, in vista di un tempo in cui non sarà più in grado di decidere".

Per la prima volta si apre in maniera chiara a una possibile mediazione, con la cultura laica, su una riforma legislativa dell’aiuto al suicidio: questa passa dalla depenalizzazione di un simile reato?

"La Corte Costituzionale ha risposto, nel 2019, depenalizzando l’aiuto al suicidio, quando si è in presenza di una malattia terminale, quando le cure palliative non aiutano più, quando la persona è cosciente e informata e quando i trattamenti non portano alcun effetto. Sono situazioni estreme. Ma ci sono".

Lei oggi celebrerebbe i funerali, allora negati, di Piergiorgio Welby?

"Ho sempre fatto i funerali ai suicidi. Il suicidio è come una domanda d’amore inevasa. Chi decide di suicidarsi è perché non ha trovato posto tra noi e decide di suggellare tale distanza".