Lunedì 2 Settembre 2024
ANDREA GIANNI
Cronaca

Omicidio di Sharon Verzeni, Moussa Sangare risponde al gip: “Non so perché l’ho fatto, non ero drogato”

Convalidato il fermo del 31enne interrogato nel carcere di Bergamo. Il suo legale valuta la richiesta di perizia psichiatrica

Bergamo, 2 settembre 2024 - Si è conclusa dopo due nel carcere di Bergamo l'udienza di convalida di Moussa Sangare, il trentenne accusato di omicidio aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi per aver ucciso con 4 coltellate Sharon Verzeni la notte tra il 29 e 30 luglio scorsi a Terno d'Isola.

Sharon Verzeni e Moussa Sangare, reo confesso dell'omicidio
Sharon Verzeni e Moussa Sangare, reo confesso dell'omicidio

Sangare, reo confesso, è stato interrogato dalla gip Raffaella Mascarino, che ha convalidato il fermo e disposto la misura della custodia cautelare in carcere, come richiesto dalla Procura. 

Cosa ha detto

"Non c'è un movente, non so perché l'ho uccisa" ha ripetuto Sangare, spiegando appunto di non essere uscito di casa quella sera con l'obiettivo preciso di uccidere ma di aver avuto una "sensazione, che non so spiegare, che mi spingeva a fare del male". Il 31enne ha spiegato di non essere stato sotto effetto di droghe, confermando di aver minacciato anche due ragazzini prima di raggiungere Terno d'Isola. Oggi si terrà un sopralluogo dei carabinieri del Ris di Parma nella casa dove viveva l'uomo che, secondo alcune fonti, si sarebbe esercitato nei giorni precedenti il delitto colpendo anche una statua. 

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Le condizioni psicologiche

La condizione psicologica di Moussa Sangare "sarà un aspetto da approfondire", ha infine detto Giacomo Maj lasciando il carcere di Bergamo. Non sono un medico, ma a mio avviso ha dei problemi", ha precisato il legale che dunque si appresta a valutare la richiesta di perizia psichiatrica sull’assistito.

I rilievi dei Ris di Parma nell'abitazione di di Moussa Sangare, il 30enne che ha confessato il delitto di  Sharon Verzeni
I rilievi dei Ris di Parma nell'abitazione di di Moussa Sangare, il 30enne che ha confessato il delitto di Sharon Verzeni

La sorella

Intanto la sorella dell’omicida, Awa, confessa di aver sempre temuto il carattere violento del fratello. “Ho avuto paura di morire anche io. Mio fratello ha tentato di uccidermi. Quello che ha fatto a Sharon poteva succedere a me. Ne sono convinta”. 

"È stata un'escalation — dice -. Io e mia madre Kadiatou abbiamo fatto di tutto per aiutarlo. Non volevamo credere a quello che ha confessato. Con mamma siamo scoppiate in lacrime. Forse però se ci avessero ascoltate Sharon sarebbe ancora viva. Il nostro pensiero va a lei e alla sua famiglia".

Le denunce

La famiglia aveva denunciato la violenza di Moussa tre volte: “La prima nel 2023, l'ultima a maggio. Danneggiamenti, violenza domestica, maltrattamenti. Eravamo in pericolo. Nessuno si è mosso. Sia io sia il mio avvocato abbiamo scritto al sindaco, agli assistenti sociali. I segnali c'erano tutti. Volevamo aiutarlo a liberarsi dalla dipendenza. Ci abbiamo provato: hanno detto che doveva essere lui a presentarsi volontariamente. Non lo ha fatto”.

Le droghe

Il giovane era cambiato “dal suo ritorno dall'estero. Nel 2019. Moussa ci ha detto che aveva fatto uso di droghe sintetiche. Non era più lui”. Era violento: “Per qualche anno abbiamo tentato di contenerlo. Nel 2023, ad aprile, mia mamma ha avuto un ictus. La situazione è degenerata: quella notte ha tentato di buttare giù la porta. Voleva i soldi. Tre mesi dopo ha aperto il gas, incendiando la cucina”.

A novembre «mi ha minacciato con parole pesanti. Mi ha detto "Ti ammazzo”, mi ha gettato oggetti addosso. Abbiamo chiesto aiuto ai servizi sociali e al sindaco. Siamo state lasciate sole”. “Il 9 maggio scorso mi ha puntato contro un coltello, prendendomi alle spalle. Ero in cucina, ascoltavo musica con le cuffie. È scattato il codice rosso e il suo allontanamento. Abbiamo scoperto che aveva occupato la casa al piano terra”. "Non è stato fatto nulla. Forse un accertamento sanitario andava richiesto. Nessuno si è presentato, nessuno ha controllato”.

Il Codacons

"Dopo le gravi dichiarazioni della sorella di Moussa Sangare”, il 30enne che ha confessato il delitto di Sharon Verzeni, secondo cui, "nonostante tre denunce per violenze e lettere rivolte al sindaco e agli assistenti sociali, nessuno si sarebbe attivato per bloccare i maltrattamenti e aiutare il giovane a uscire dalla dipendenza da droghe”, il Codacons annuncia esposto alla Procura della Repubblica di Bergamo di estendere le indagini per verificare eventuali omissioni da parte di Comune, Asdl ed enti locali.