Bergamo – Sharon Verzeni conosceva l'assassino, non è stato un delitto casuale. Questa è la ferma convinzione della criminologa Roberta Bruzzone, che respinge senza mezzi termini l'ipotesi di un'aggressione estemporanea compiuta da uno sconosciuto: "La dinamica del delitto indica chiaramente che Sharon ha avuto un'interazione prolungata con il suo carnefice prima di essere uccisa".
Il contapassi
A sostegno di questa tesi, la criminologa richiama un dettaglio cruciale, emerso dall'analisi del contapassi della giovane trovata senza vita a Terno d'Isola: "La ragazza ha percorso 630 metri in circa 50 minuti. Una distanza che una persona abituata a camminare avrebbe coperto in cinque o sei minuti". Per Bruzzone non ci sono dubbi: "Non si tratta di un'aggressione improvvisa, ma di un incontro prolungato, durante il quale la ragazza ha interagito con il suo carnefice". Questa osservazione, secondo la criminologa, allontana nettamente l'idea di una violenza improvvisa.
La traccia genetica
A rafforzare questa ipotesi è la scoperta di una traccia genetica, probabilmente appartenente all'assassino, rinvenuta sulla scena del crimine. Gli investigatori hanno concentrato i loro sforzi su una serie di test del Dna mirati. "La scelta di limitare l'indagine ai residenti di quella via è una mossa strategica molto sensata", spiega Bruzzone, "anche perché il numero di test necessari è relativamente contenuto". La criminologa esclude l'ipotesi di un test del Dna su vasta scala: "Gli investigatori hanno già in mano una profilazione preliminare, capace di indirizzare l'indagine verso sospetti specifici".