Lunedì 20 Gennaio 2025
REDAZIONE CRONACA

Seminaristi iperconnessi. La messa è finita, andate su YouTube

Il 99% di chi studia per diventare sacerdote ha almeno un profilo Facebook. Mocellin, autore di Wikichiesa: "L’evangelizzazione on line è la nuova frontiera".

"La messa è finita, andate sui social". Più che una benedizione per il momento questa resta ancora una provocazione, anche se non si sa per quanto, visto che, fatto il segno della croce e usciti sul sagrato, siamo tutti lì ad affondare i polpastrelli sulla tastiera del cellulare per aggiornare i nostri profili. Niente chiacchiere e saluti, via sui social.

Lo sanno anche nelle fabbriche dei preti, dove i sacerdoti di domani studiano oggi (sul campo) come aggiornare la formula di congedo dell’ite, missa est. E questa sì non è sola una battuta, perché, nella transizione in atto dalla vita reale a quella virtuale, fa riflettere il dato secondo cui in Italia, su 1.698 seminaristi diocesani, il 99% naviga su Facebook e dintorni. Per l’en plein c’è da scommetterci che, presto o tardi, anche l’ultimo futuro operaio della vigna del Signore aprirà il suo account e si connetterà, se non con Dio (questione di Rete?), almeno con il mondo sempre più digitalizzato.

Nel frattempo l’88% dei candidati al sacerdozio ritiene che i social possano essere "strumenti utili alla pastorale" e pensa "di utilizzarli nei loro futuri impegni ecclesiali". WhatsApp (96,2%), Facebook (74,2%), Instagram (70,8%), Youtube (67,5%) e TikTok (15,3%) sono le piattaforme più abitate online dai seminaristi. Né più, né meno dei loro coetanei laici: l’età media di chi studia nei seminari maggiori si aggira attorno ai 28 anni.

I risultati sono contenuti nel libro La comunicazione della Chiesa che verrà. Indagine su seminaristi e social media (2025, Tau editrice), scritto da Fabio Bolzetta, presidente dell’associazione dei WebCattolici Italiani (WeCa). Si tratta della prima inchiesta nel nostro Paese sul rapporto fra candidati al sacerdozio e social network.

Considerando che nella maggioranza delle risposte del campione vengono ribadite la priorità e l’importanza delle relazioni in presenza, i numeri dei follower dei seminaristi digitali sono ancora in divenire, per così dire. Dal punto di vista quantitativo, quasi uno su tre (28,7%), nel suo profilo più seguito, registra fino a 400 follower; il 16,7%, invece, può contare su una rete di oltre mille persone.

Ma la contraddizione è tutta tra l’esserci e il pubblicare online: il 26,8% del clero che verrà non mette nemmeno un like; il 31,1% pubblica un post o una storia una o due volte al mese. Piuttosto che produrre contenuti si preferisce condividere scritti e foto di altri e, se proprio ci si deve esporre direttamente, meglio postare propri selfie che video. Così da seminaristi, da preti chissà... Gli esempi d’altronde non mancano.

Da quando il 3 dicembre 2012 Benedetto XVI sbarcò su Twitter con l’account Pontifex, preceduto dalle avanguardie digitali del popolo di Dio a partire dalla stessa nascita del web, il 1991, ne è passata d’acqua (santa) sotto i ponti della Rete. Tra preti youtuber e ticktocker, gruppi di preghiera online e piattaforme di dialogo con i santi, grazie all’intelligenza artificiale, pulpiti, oratori, parrocchie e diocesi sono sempre più virtuali. Alla Chiesa di Livorno la palma d’apripista in Italia nel lontano 2018.

"Quanto all’uso dei social, la Chiesa non è mai stata in ritardo con la società – spiega il giornalista Guido Mocellin, curatore su Avvenire della rubrica Wikichiesa dedicata al monitoraggio del web cattolico –. L’esplosione si è avuta con il Covid e il lockdown che hanno favorito l’evangelizzazione online. In Italia non manca chi sa veicolare contenuti di sostanza. Non siamo ancora ai numeri stratosferici del Sud America, dove però certi preti e laici sono troppo devoti al Dio like, ma il fenomeno è in crescita anche da noi". E i seminaristi già mordono il freno, stando ai numeri. Anche perché, per dare a tutti una parola di senso, Internet non è più un optional. È la realtà, virtuale o reale ormai sono attributi sempre più interconnessi.

Giovanni Panettiere