Brescia – Finirà davanti alla Corte costituzionale il caso della coppia di due donne, riconosciute entrambe come genitori e come madri dallo Stato italiano, che hanno chiesto di usufruire del congedo di paternità obbligatorio, cioè dei dieci giorni di astensione dal lavoro retribuiti al 100 per cento dello stipendio normalmente riconosciuti ad ogni padre. Attualmente, la legge (articolo 27-bis del decreto legislativo 151/2001) esclude che quel congedo possa essere fruito dalla seconda mamma, ma secondo la Corte di appello di Brescia quella norma è incostituzionale perché vìola il divieto di discriminazione per orientamento sessuale stabilito dal diritto dell’Unione europea e il principio di uguaglianza stabilito dalla Costituzione italiana. Pertanto, i giudici bresciano hanno chiesto alla Corte costituzionale di dirimere la questione.
L’ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale è l’ultimo atto di un’azione “collettiva” contro l’Insp promossa nel maggio 2023 davanti al Tribunale di Bergamo da “Rete Lenford”, una rete di avvocati che promuove i diritti Lgbtqi+, con la collaborazione del sindacato Cgil.
Nel corso del giudizio di primo grado, l’Istituto di previdenza sociale aveva modificato la sua piattaforma informatica riconoscendo, di fatto, che il “congedo parentale” spetta a ciascuno dei due genitori indipendentemente dal genere dell'altro genitore. Nel gennaio 2024, il Tribunale di Bergamo aveva comunque condannato l’Inps a modificare il portale web, al fine di consentire anche alle famiglie omogenitoriali di accedere a tutti i tipi di congedi riconosciuti ai genitori lavoratori. Ma l’Inps ha impugnato la decisione e, ora, la Corte di appello di Brescia ha sospeso il processo, reputando necessario l'intervento della Corte costituzionale per estendere il “congedo di paternità obbligatorio” alla seconda mamma.
Secondo la Corte bresciana, quando due donne sono entrambe riconosciute come madri negli atti dello stato civile “non è dubitabile che il genitore non biologico sia considerato nell'ordinamento interno come secondo genitore equivalente” e, conseguentemente, la condotta dell’Inps “integra una discriminazione per ragioni di orientamento sessuale che incide sulle condizioni di lavoro”, non essendo “ragionevole attribuire al padre in una coppia eterosessuale il diritto al congedo obbligatorio di dieci giorni e negarlo, invece, alla lavoratrice secondo genitore in una coppia di due donne”.
Rete Lenford e Cgil Nazionale sono rappresentate dagli avvocati Francesco Rizzi e Alberto Guariso, che esprimono grande soddisfazione per l'ordinanza con la quale “la Corte di appello di Brescia fa proprie le argomentazioni formulate da Rete Lenford e dalla Cgil”.