Giovedì 21 Novembre 2024
RITA BARTOLOMEI
RITA BARTOLOMEI
Scomparsi

“Io, criminologa dalla parte delle vittime. La mattanza delle donne scomparse: cosa conta nelle ricerche”

Cristina Brondoni, nel 2023 inserita da Forbes tra le 100 donne più influenti d’Italia: “Esistono ancora troppi stereotipi. E si presta poca attenzione allo staging, la messa in scena sulla scena del crimine”

La criminologa Cristina Brondoni

La criminologa Cristina Brondoni

Roma, 20 luglio 2024 – “Sembrava un incidente. Staging sulla scena del crimine”. Il titolo di questo libro dice molto del lavoro di Cristina Brondoni, 53 anni, criminologa. Nel 2023 Forbes l’ha inserita tra le 100 donne più influenti d’Italia. Quel testo risale al 2018 ma la situazione è sempre attuale, come dimostrano tanti casi di cronaca nera e di donne scomparse. Così le abbiamo chiesto di guidarci dietro la scena del crimine.

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Il suo metodo? “Prima di tutto mi metto dalla parte delle vittime. La prima domanda: perché proprio lei è stata uccisa o ha subìto un sopruso? Purtroppo nell’indagine la vittima viene spesso dimenticata. Ci si concentra tutti sul colpevole, un po’ alla maniera televisiva”.

Donne scomparse e corpi mai ritrovati: da Maria Chindamo a Roberta Ragusa, si temeva lo stesso per Francesca Deidda ma poi i resti sono stati scoperti, in Sardegna. Perché all’inizio si accredita sempre la pista dell’allontanamento volontario? Qual è la stortura? “La stortura è credere che una persona si allontani volontariamente senza lasciare alcuna traccia di sé. Ma non siamo in una serie televisiva. Nel 2024, ma già dagli anni 90 in poi, è impossibile non lasciare alcuna traccia, non fare transazioni commerciali. Come faccio con il denaro? Mi devo portare via una borsa piena di soldi? Penso ad Elena Ceste che avrebbe dovuto allontanarsi seminuda, in piena notte, senza gli occhiali. Assurdo. Non bisogna pensare che le donne siano isteriche come invece ancora succede”.

Anche le ossa di Federica Farinella, modella di Asti, sono state trovate vent’anni dopo in modo casuale a due passi da casa. Come mai?

“Dipende sempre da come vengono fatte le ricerche. Occorre un grande addestramento. E poi mettersi sulle tracce di una persona è una cosa diversa dal cercare un cadavere. Insisto: bisogna sempre partire dalla vittima. Una regola che vale anche per uno dei casi più noti, la scomparsa di Emanuela Orlandi”.

Quarantun anni di mistero. Sono stati compiuti degli errori?

“Tra le infinite teorie, alcune anche molto complicate e incredibili, manca solo il rapimento alieno. La domanda che invece resta ancora senza risposta è quella sulla protagonista, una ragazzina di 15 anni”.   Restano nel limbo della cronaca tanto casi di donne scomparse poi ritrovate morte, come Liliana Resinovich. Perché non si riesce a chiarire, a capire se è omicidio o suicidio? “Parlando in generale, la mia idea personale è che si riscontra spesso un problema, l’innamoramento della tesi da parte di chi arriva per primo. E poi nessuno parla dello staging, la messa in scena sulla scena del crimine. Nella realtà capita sempre. Non è vero che l’assassino si sente in colpa. Il criminale per allontanare da sé i sospetti toglie qualcosa e porta qualcosa. Ed è determinante capire questo quadro, fin dall’inizio”.