Roma, 23 ottobre 2024 – Il mondo della scuola si ferma giovedì 31 ottobre 2024 per uno sciopero del comparto Istruzione e Ricerca. Per tutta la giornata incroceranno le braccia i lavoratori e le lavoratrici delle scuole di ogni ordine e grado, dell'Università, degli enti di ricerca, delle accademie, dei conservatori e delle scuole non statali con contratto Aninsei.
I motivi dello sciopero
Alla base della protesta sindacale la richiesta di un contratto giusto e un lavoro stabile. Docenti e personale ATA scenderanno in piazza per chiedere la valorizzazione, anche salariale, del loro lavoro e dire basta al precariato. "Fallito il tentativo di conciliazione – spiega la FLC CGIL –, la nostra organizzazione ha proclamato lo sciopero per l’intera giornata. Il tema delle retribuzioni e quello della stabilizzazione delle lavoratrici e dei lavoratori a tempo determinato della scuola riempiono da mesi le pagine dei quotidiani. Peccato che altrettanta attenzione e soprattutto impegni concreti da parte del Governo e del Ministero dell’Istruzione e del Merito non se ne siano visti”.
I nodi: precariato e stipendi bassi
C’è poi il nodo adeguamenti salariali. “Il Governo – prosegue il sindacato – stanzia risorse pari solo ad un terzo (5,78%) dell’inflazione relativa al triennio contrattuale 2022-2024, per aumenti pari a 135 euro lordi medi anziché 400 euro lordi medi al mese. Così facendo si perdono in media 270 euro al mese e 3.500 euro l’anno. Dopo aver ricevuto il ‘pacco di natale’ nel dicembre scorso (appena 80 euro di aumenti lordi medi mensili) adesso ci aspetta un altro ‘pacco’ di soli 55 euro lordi medi mensili: una miseria. Bisogna valorizzare il lavoro del personale anche dal punto di vista salariale. Non è possibile indignarsi quando l’Ocse dice che l’Italia è il paese che paga di meno gli insegnanti e poi fare finta di nulla quando bisogna investire nel contratto”. Tra i temi caldi al centro dello sciopero del 31 ottobre, il precariato: un lavoratore su quattro fra personale Ata e docenti non ha un contratto stabile e questo arreca un danno alla didattica oltre che alle vite dei lavoratori.