Roma, 18 settembre 2024 – Dopo una lunga malattia è morto oggi Salvatore Totò Schillaci. Era ricoverato dal 7 settembre scorso in gravi condizioni all’ospedale civico di Palermo. Aveva 59 anni, era l’eroe delle “Notti Magiche” di Italia ‘90. Di seguito il pezzo-ricordo di Giuseppe Tassi.
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Gli occhi sgranati nelle notti magiche di Italia 90. Due tizzoni ardenti nella luce prepotente dei riflettori dell'Olimpico. Con quello sguardo spiritato Totò Schillaci festeggiava ogni gol. Da riserva a titolare nell'Italia di Vicini. Capocannoniere di quel mondiale con sei gol e uomo del destino alla maniera di Paolo Rossi in Spagna '82. Come guidato da un fluido magico o da una mano divina, Totò si materializzava in area al momento del gol. Un opportunista implacabile, un rabdomante della porta avversaria.
Solo un colpo del destino poteva fermare la marcia della nazionale di Vicini. La papera di Zenga sul colpo di testa di Caniggia spezzò la corsa di quell'Italia giovane, briosa e spettacolare.
Si cristallizzò in quelle notti magiche anche il momento più alto di Totò giocatore. Il terzo posto mondiale come emblema di una carriera che ha sfiorato il paradiso per poi ripiombare in una pallida normalità.
Lui ragazzo del Cep, quartiere poverissimo di Palermo con papà muratore e fratello perennemente al seguito, aveva conquistato la gloria passo dopo passo. Dalle travolgenti stagioni al Messina, dove Scoglio gli lasciava piena libertà di azione fino all'ingaggio da parte della Juve che lo pagò 6 miliardi. Una grande occasione per il ragazzo siciliano, che seppe coglierla al volo conquistando Coppa Italia e Coppa Uefa con i bianconeri. Fu quella splendida stagione 1989-90 a suggerire la convocazione a Vicini. Dietro Baggio, Vialli e Mancini, giovani puledri della ex Under 21, scalpitava Totò con i suoi occhi di brace Ma quella magica estate azzurra del 1990 non ebbe seguito. Schillaci litigò negli spogliatoi con Baggio, minacciò il bolognese Poli con quel celeberrimo "ti faccio sparare" che lo trasformò in bersaglio scelto delle curve di tutta Italia.
Chiusa dopo tre anni l'esperienza bianconera, finì all'Inter per oltre otto miliardi a caccia di un rilancio in grande stile. Ma la parabola discendente era già cominciata e le magie mondiali restavano ricordo lontano. Senza gol e senza il lampo del destino negli occhi,Totò scivolò in un nuovo mondo calcistico, il Giappone. Allo Jubilo Iwata ebbe attenzioni e trattamento da star, autista personale e ingaggio da paperone. Fu il primo giocatore italiano ad esibirsi nel campionato giapponese. Solido, veloce, intuitivo, con la rabbia in corpo di chi viene dalle periferie più povere, incarnò un modello di riscatto sociale ma non seppe fronteggiare i riflessi della popolarità né i cori velenosi dei tifosi avversari ("Schillaci taglia le gomme"). Lasciato il campo, in età più matura e con un look rinnovato partecipo a Pechino Express e ad altri real show televisivi, portando sullo schermo un'immagine distorta ma simpatica dell'ex campione in disarmo. La sorte ha spinto in alto Totò e poi lo ha affossato come accade nelle vite di tanti campioni o semplici figuranti. Così nella fantasia popolare è rimasto l'uomo delle notti magiche. Sbucato dal nulla a miracol mostrare.