Venerdì 14 Febbraio 2025
Anna Vagli
Scene

L’omicidio di Pierina: l'ombra del dubbio, un capello nero e una figura sfocata

Nel caso di Pierina Paganelli, la ricerca della verità tra tracce biologiche ignorate e prove visive incerte

Un'ombra in un video. Un telefono che non genera traffico. Un uomo in carcere. Pierina Paganelli è stata assassinata il 3 ottobre 2023. Ventinove coltellate. Non un delitto d'impeto. Qui c'è metodo, c'è insistenza, c'è intenzione. Niente è stato lasciato al caso. Nelle ultime ore è emersa un’indiscrezione secondo la quale ci sarebbe un elemento mai analizzato sulla scena del crimine. Un dettaglio. Minuscolo, ma impossibile da ignorare. Un capello. Nero.

Incastrato tra le labbra della vittima, intriso di sangue. Non una traccia qualsiasi. Un frammento di presenza. Il genere di traccia che non si può spiegare con un "forse", con un'interpretazione, con un'ipotesi. È lì, e appartiene a qualcuno. Fino ad oggi, però, quella traccia non è stata attribuita. Al contrario, l'attenzione è sempre altrove. Focalizzata su un video. Su una figura catturata da una telecamera di sorveglianza. Su un esperimento giudiziale in cui si è chiesto a due uomini di rifare la stessa camminata per capire chi somigli di più alla sagoma ripresa quella notte dalla Cam3 di via del Ciclamino a Rimini. Sono passati pochi giorni. E, nonostante questo, già si sussurra che il passo è quello giusto. Che la postura combacia. Che il profilo è di Louis Dassilva. Ma se servono 160 giorni di analisi per stabilire chi sia quella figura, con quale sicurezza qualcuno oggi ha già deciso?

Una parte dell'opinione pubblica, e non solo, ha già deciso. Una sentenza anticipata, basata su un'immagine che deve ancora superare il filtro della scienza. Forse perché la verità è scomoda quando non conferma la storia che si vuole raccontare. Mentre si cerca il colpevole dentro un riflesso, il capello tra le labbra della vittima aspetta di essere ascoltato.

Perché il video è diventato il fulcro. Il punto su cui costruire tutto. Il riflettore puntato su una figura sfocata, mentre la scena del crimine urla dettagli che restano nell'ombra. La scena del crimine è stata risistemata. Quello che c'è conta. Quello che manca conta ancora di più. E qui manca abbastanza. 

Non una traccia biologica di Dassilva. Nessuna impronta. Nessun DNA sulla vittima. Nessun contatto rilevabile. Un omicidio così violento porta con sé un'interazione diretta ed un rilascio copioso di materiale genetico. Perché si guarda un frame mentre un capello immerso nel sangue rimane sullo sfondo?

La verità non si costruisce con le ipotesi. La verità deve essere dimostrata. O, quantomeno, dovrebbe.