Ci sono verità che fanno così paura da dover essere riscritte. Giulia Loffredo, nove mesi, è morta nella sua casa di famiglia ad Acerra, in provincia di Napoli. Ed è morta sbranata da Tyson, il pitbull di casa. Ciò che più inquieta è lo storytelling.
Invece di un racconto sincero e disperato, è emersa un’ombra fatta di parole aggiustate, di silenzi riempiti a posteriori. Il dramma è che racconto e’ stato riferito da chi avrebbe dovuto proteggere Giulia: Vincenzo Loffredo, suo padre.
Nell’immediatezza, l’uomo, che si sarebbe addormentato dopo aver fumato hashish, ha parlato di un’aggressione da parte di un cane randagio. Poi, solo dopo essere stato messo alle strette, ha riferito che di quell’aggressione era responsabile il pitbull di famiglia. Attenzione. In casi come questo il cambio di narrazione non è mai casuale: è strategia, non confusione. Dare la colpa a un animale sconosciuto è stato un modo per creare distanza, temporeggiare, deviare l’attenzione. Non a caso, Loffredo ha vuotato il sacco solo quando le sue bugie su sono scontrate con la verità fattuale.
Il corpo della piccola Giulia è arrivato in ospedale con il collo spezzato, il sangue secco sui vestiti, le labbra nere. Segno anche di un ritardo nei soccorsi. In caso di un’emergenza così grave, un genitore chiama aiuto subito. Qui il tempo si è allungato.
Il pavimento è stato infatti lavato prima dell’arrivo della scientifica. Nel momento immediatamente antecedente a quello in cui era previsto il secondo sopralluogo finalizzato a ricostruire l’esatta dinamica degli eventi. Il sangue racconta la verità. È il testimone latente per eccellenza. Ormai lo sanno tutti. La sua posizione, la sua direzione, la sua quantità parlano di ciò che è accaduto. Per questo pulire non è, e non può essere, un mero slancio emotivo. Al contrario, è l’azione di chi agisce con lucidità.
Se la morte fosse stata un incidente, non ci sarebbe stato nulla da temere. Sarebbe stata solo una corsa disperata contro il tempo per salvare Giulia. Forse Vincenzo Loffredo non ha messo in conto che la verità non scompare con un secchio d’acqua. Non evapora con le bugie. Così, quando torna in superficie, lo fa con una ferocia che nessun pitbull potrebbe mai eguagliare.