Venerdì 21 Marzo 2025
ANNA VAGLI
ANNA VAGLI
Scene

Delitto di Garlasco: la verità è nei dettagli, non nelle illusioni investigative

Diciotto anni dopo, tra nuove ipotesi e vecchi interrogativi: chi è davvero l'assassino di Chiara Poggi?

Delitto di Garlasco: la verità è nei dettagli, non nelle illusioni investigative

Nel delitto di Garlasco, l’ennesima potenziale illusione investigativa ha il sapore acre della nicotina. Diciotto anni dopo, si torna a parlare di un residuo chimico nei capelli di Chiara Poggi, un dettaglio che qualcuno prova a trasformare nella firma di un assassino. Ma la tossicologia forense non si presta ai giochi di prestigio: la nicotina può restare impressa nel cuoio capelluto per mesi, persino anni. Una perizia del 2008 lo aveva già chiarito: Chiara era esposta al fumo passivo. Chi fumava però abitualmente accanto a lei? Il padre.

Il Rasoio di Occam non lascia spazio alle deviazioni: la spiegazione più semplice e logica è quasi sempre quella giusta. C’è evidentemente chi ha bisogno di un’altra storia, di un nuovo colpevole, di un’altra pista. E così, arriva anche un testimone. Diciotto anni dopo. Ai microfoni delle Iene. Perché adesso? La psicologia forense insegna che la memoria non è una registrazione sterile e oggettiva, ma un archivio fragile, deformabile, soggetto a contaminazioni. Più un caso viene raccontato, più i confini della realtà si sfaldano. Più una storia viene ripetuta, più chi ascolta finisce per convincersi di averne fatto parte. Un’illusione ripetuta abbastanza volte diventa una certezza. E ora questa certezza è al vaglio di chi indaga.

In questa brutta storia, c’è un dato che resta immutato e che arriva direttamente dal criminal profiling: Chiara Poggi conosceva il suo assassino. Ha aperto la porta. In pigiama. E allora, poniamoci la vera domanda: a chi avrebbe mai aperto in quello stato di vulnerabilità? Non a uno sconosciuto, ma neppure ad un conoscente. Un pigiama è intimità, sicurezza, routine. È l’assenza totale di sospetto. Se avesse avuto un dubbio, avrebbe esitato. Se con chi aveva davanti non ci fosse stata confidenza, non avrebbe aperto in pigiama. Se avesse percepito una distanza, avrebbe indossato qualcosa di più coprente. Non l’ha fatto. Perché, per lei, non ce n’era bisogno.

E allora, torniamo alla domanda più scomoda. Chi è l’assassino che ha commesso l’errore capace di inchiodarlo?

L’errore non sta nella presenza di un DNA circostanziabile come quello di Sempio, che frequentava casa Poggi e il cui profilo genetico poteva essere stato rilasciato in qualsiasi momento. Così come in qualsiasi momento poteva essere avvenuta una contaminazione con Chiara. Piuttosto, si materializza nell’assenza di tracce di chi, invece, non poteva non lasciarle.

L’errore e’ nelle scarpe immacolate che non potevano restare pulite. Nella telefonata al 118 fredda, asettica, chirurgica. Nell’assenza di disperazione e nel cambio dei pedali. Nella lucidità di chi entra in una casa e ne esce senza una traccia addosso. Chi mente, mente soprattutto sui dettagli. Mentre invece chi commette un errore, lo commette per sempre. E l’assassino, quello vero, ha lasciato dietro di sé impronte invisibili che gridano più di qualsiasi confessione.