Se il movente non regge, l’intero castello accusatorio crolla come un fragile gioco di carte. Questo è l’incipit dell’equazione utilizzata dai criminologi americani per identificare il colpevole: “perché + come = chi”.
Nel caso dell’omicidio di Pierina Paganelli, il “perché” attribuito a Louis Dassilva suona forse troppo inconcludente. Secondo la Procura, Louis avrebbe ucciso l’anziana per paura che rivelasse la sua relazione clandestina con Manuela Bianchi, distruggendo così il suo matrimonio con Valeria. Ma è davvero plausibile?
Pierina aveva già denunciato Manuela al Consiglio degli Anziani dei Testimoni di Geova e la donna era stata convocata per il giorno seguente. Perché sarebbe stato Louis a perdere? Pierina non era in confidenza con Valeria e non aveva un potere così forte da influenzarla. Lo dimostrano i fatti: la Bartolucci è rimasta accanto al marito non solo dopo aver scoperto i tradimenti con l’amica Manuela, ma anche dopo l’arresto.
E poi c’è il “come”: 29 coltellate, inferte con rabbia cieca e disperata. Non è l’azione calcolata di chi cerca solo di eliminare un ostacolo. È la furia cieca di chi vuole annientare completamente l’esistenza della vittima. Se davvero Dassilva avesse agito per paura che Pierina rivelasse il suo segreto, l’avrebbe uccisa con freddezza, non con un accanimento così brutale. Dunque, se il “perché” è interpretabile, allora anche il “come” potrebbe raccontare un’altra verità.
E gli indizi? Passibili di dubbio. L’unico collegamento sarebbe il passaggio sotto la cam 3 della farmacia di via del Ciclamino. Siamo sicuri che quel video permetta di stabilire con certezza l’identità di Louis? Potrebbe essere chiunque, perfino un altro condomino che in un primo momento si era riconosciuto. Non a caso il Gip ha caldeggiato un nuovo incidente probatorio per chiarire una volta per tutte se l’uomo immortalato sia davvero il senegalese. Il colpevole, non un colpevole.
E se per il DNA è stata chiesta un’ulteriore proroga, cosa resta davvero contro Louis Dassilva se cadesse il frame? Un movente opinabile, un’identificazione incerta e un’aggressione che racconta una storia di vendetta più che di paura. Un impianto che rischia di sgretolarsi, lasciando sospesa la domanda: chi, davvero, voleva mettere a tacere Pierina Paganelli?