Venerdì 26 Luglio 2024
NINO FEMIANI
Cronaca

Non solo Scampia, l’emergenza periferie: da Padova a Palermo. Pioggia di milioni promessi per progetti mai decollati

Prima Monti, poi Renzi e Gentiloni, è lunga la lista dei fallimenti governativi. Ora le speranze di recupero sono nei Piani urbani integrati: stanziati 2,9 miliardi

Napoli, 25 luglio 2024 – In Italia c’è bisogno di un’opera di rammendo e ci vogliono idee e soldi". Così Renzo Piano commentava nel 2014 la sua "idea sul rammendo delle periferie", emergenza sempre più attuale alla luce di tragedie come quella di Scampia.

Gli sfollati dopo il crollo a Scampia
Le Vele di Scampia il giorno dopo il crollo

Nelle periferie italiane risiedono, infatti, oltre 23 milioni di cittadini, vivono in aree residenziali nate negli anni del Boom che hanno mantenuto la separazione dai centri cittadini sia fisica che sociale. Non ci sono solo Scampia, Secondigliano o il Parco Verde di Caivano, le tre famigerate periferie napoletane in cui camorra e degrado vanno a braccetto. La rigenerazione delle aree marginali è una necessità che unisce tutt’Italia, da Nord a Sud. Da Padova con il Parco dei Salici a Palermo con il quartiere Zen, dal rione Salicelle di Afragola a Tor Bella Monaca a Roma, dal capitolino Corviale al rione Penniniello di Torre Annunziata, dal quartiere Crocetta di Modena alle periferie della cintura torinese.

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“Le periferie sono fabbriche di desideri e degrado – ha scritto Piano –, ma quando ci lavori scoprì che sono piene di energia e anche di bellezza". Le fascinazioni dell’architetto genovese però hanno bisogno di concretezza, qualità deficitaria nella politica italiana. Dal "Piano città" del 2012 a oggi, per non andare troppo in là nel tempo, sono stati messi in campo tanti progetti, accomunati da un sostanziale fallimento. I "salva periferie", annotati nelle leggi di bilancio, hanno sempre trascinato risorse a nove zero finite tra le poste non spese.

Ad esempio, il "Piano città" del ministro delle Infrastrutture, Corrado Passera (governo Monti) prevedeva di attivare finanziamenti per 4,4 miliardi di euro da spalmare su 28 città e 457 interventi. Rimase al palo per la carenza di visione e per un’assurda burocrazia nel processo di attuazione. Tutto finì nelle sabbie mobili. Qualche anno dopo, nel 2016, ci provò Matteo Renzi con il ‘Bando per le periferie’. Anche qui un bel tesoretto, da esibire orgogliosamente negli spot: 2 miliardi e 100 milioni di euro statali, cui si potevano aggiungere risorse regionali e i contributi privati per 4 miliardi di euro complessivi. Ma l’ex sindaco di Firenze chiuse traumaticamente la sua esperienza a Palazzo Chigi senza far decollare il Bando, né ci riuscì il successore Paolo Gentiloni. Fino ad arrivare al governo 5S che, nel Milleproroghe 2018, addirittura congelò quel piano che avrebbe dovuto finanziare 120 progetti (107 presentatida Comuni e 13 da Città Metropolitane, per un totale di 445 Comuni interessati). Uno sgambetto ai Comuni e, ancora una volta, un buco nell’acqua. Gli enti locali, soprattutto le più grandi, cercarono allora di mungere il portafoglio di Bruxelles, ottenendo nel luglio 2022 un primo risultato. Il "PN Metro Plus e Città Medie Sud 2021-2027" mise sul tavolo tre miliardi che coinvolsero 14 capoluoghi e 39 città del Mezzogiorno. Dopo 10 anni, erano i primi soldi veri da spendere per le periferie. Poi è arrivata la zattera Pnrr.

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Con i Pui, i Piani urbani integrati, ci sono in banca 2,97 miliardi, a cui si aggiungono altri 272 milioni di risorse nazionali provenienti dal "Fondo ripresa resilienza Italia". Complessivamente i piani urbani finanziati nelle 14 città metropolitane sono 37: In totale i Pui coprono 614 progetti, opere completate finora al 69%. Napoli è la città che ha avuto più soldi, 398 milioni e una parte di questi (86milioni) servirà per il piano ‘Restart Scampia’, altri 125 milioni se ne vanno per rifare il look a Tor Bella Monaca: nasceranno negozi, spazi comuni e un museo. Tanti soldi, ma poco tempo a disposizione. Bisognerà terminare entro giugno 2026.