Roma, 15 dicembre 2024 – Dopo 29 anni è stato condannato all'ergastolo il pizzaiolo e ristoratore Salvatore Aldobrandi, 75 anni, originario di San Sosti (Cosenza), ma da anni residente a Sanremo. L’uomo, accusato di omicidio volontario aggravato dai motivi abbietti, è stato riconosciuto colpevole della morte di Sargonia Dankha, 21 anni, di origini irachene, naturalizzata svedese, sparita nel nulla nel primo pomeriggio del 13 novembre del 1995 a Linköping, in Svezia. Il corpo della giovane non è stato mai trovato.
Il dispositivo della sentenza è stato letto nel pomeriggio dopo un weekend di camera di consiglio dal presidente della Corte di Assise di Imperia, Carlo Alberto Indellicati. La condanna di Aldobrandi ricalca le richieste dei pubblici ministeri Maria Paola Marrali e Matteo Gobbi. All'ergastolo, si aggiunge anche una nuova provvisionale di 300mila euro a favore della madre di Sargonia, 100mila euro per il fratello e 14mila euro per le spese legali di parte civile.
La difesa di Aldobrandi, sostenuta dall'avvocato Fabrizio Cravero aveva concluso chiedendo l'assunzione "delle prove richieste" ovvero l'audizione di altri testi e l'assoluzione "perché il fatto non sussiste" e in subordine l'"esclusione della recidiva, l'insussistenza dell'aggravante contestata e la concessione delle attenuanti". All'esito della lettura del dispositivo ha annunciato che attenderà di conoscere le motivazioni per poi ricorrere in Appello. "Siamo veramente molto contenti per noi e per la famiglia, che purtroppo non è riuscita a reggere alle emozioni di venerdì ed è tornata in Svezia. L'abbiamo già contattata e sono felicissimi, perché anche se questo processo non restituirà loro Sargonia, riusciranno però a mettere un punto a questa vicenda durata trent'anni". A parlare è l'avvocato Francesco Rubino, parte civile della famiglia di Sargonia Dankha, che così commenta la condanna in primo grado all'ergastolo. "Eravamo convinti che la Corte avrebbe creduto alle nostre ricostruzioni – ha aggiunto il legale – che ci fossero prove sufficienti e che il grandissimo lavoro dei poliziotti nel 1995, della procura d'Imperia e poi nostro, per fare aprire questo processo, fosse alla fine riconosciuto. Ed è stato riconosciuto non solo che Aldobrandi ha commesso un omicidio, ma che l'ha commesso in circostanze particolari, cioè coi motivi abietti: una costante relazione caratterizzata dal possesso e dall'ossessione, quello che ha determinato oggi l'ergastolo".