Dovevano essere regionali "depontenziate" dai tanti spezzettamenti precedenti, doveva essere un referendum costituzionale dall’esito scontato. Non sarà né l’uno né l’altro. Il 20 settembre segnerà così una sliding nella vita del Paese. Con tre regioni a tre il quadro politico non cambia e si arriva dritti al 2023, quattro a due per il centrodestra porteranno una decisa instabilità, con il cinque a uno cade giù tutto, Pd, governo e forse anche legislatura. Senza contare il referendum, in cui tra una vittoria del Sì una del No passa non tanto la vita delle istituzioni, che continueranno a non funzionare come prima, ma una diversa idea della politica e del suo contrario.
Il quadro che ci forniscono i sondaggi di Antonio Noto pubblicati a fianco lascia aperte tutte le possibilità, come è naturale che sia. Molto è in mano al Pd, che finora ha dato le carte ed è quello che ha più da perdere. Zingaretti può rimetterci la segreteria (se perdesse la terza regione rossa su quattro stabilirebbe un record difficilmente uguagliabile), il partito in generale la possibilità di gestire la grande messe di fondi europei di qui a un anno, i suoi padri nobili abbandonare l’aspirazione di succedere a Mattarella. Ma cambierebbe molto anche per i Cinquestelle, che da un qualsiasi rimescolamento, che sia un rimpasto o peggio nuove elezioni, avrebbero solo da scapitare.
Non ci sarebbe niente di sorprendente quindi se di qui a quindici giorni questi due mondi, a livello di base, tornassero a parlarsi così da permettere ai rispettivi partiti di superare l’impasse e riprendere la navigazione. Non alleanze ufficiali, ché quelle ormai sono state tentate, ma intese, come si dice, tra le persone, tra gli elettori. In Puglia, per esempio, potrebbero essere i voti dei grillini a salvare Emiliano con il voto disgiunto (non ci dimentichiamo il peso che esso ebbe a gennaio in Emilia). Il ritardo dell’ex magistrato rispetto a Fitto è minimo, e lo sprint si risolverà all’ultimo consenso. Stessa cosa in Toscana, dove gli elettori Cinquestelle pesano meno, ma il loro ruolo potrebbe essere comunque determinante. Senza scordarsi delle sardine, sempre che il contratto a progetto svolto a suo tempo per salvare Bonaccini possa essere rinnovato anche in questa occasione. Il Pd può sperare di salvare in zona Cesarini le capre del segretario e i cavoli del governo solo se riuscirà a mobilitare questo universo in buona parte vicino e una volta suo. E con il Pd trarsi d’impaccio anche i Cinquestelle. Più che con le alleanze di palazzo, con la capacità di far vibrare le corde di qualche cuore rimaste in sonno, o a casa e destinate all’astensione. Purché ci siano ancora.