Lunedì 22 Luglio 2024
RITA BARTOLOMEI
RITA BARTOLOMEI
Cronaca

Sanremo, la vicenda del ‘vigile in mutande’: dal licenziamento al risarcimento, le tappe della storia

Alberto Muraglia era finito ai domiciliari il 22 ottobre 2015 in un blitz della Finanza che aveva portato a 43 misure cautelari. Ha vinto tutti i gradi di giudizio, fino alla Cassazione

Alberto Muraglia, ex vigile di Sanremo: timbrò il cartellino in mutande, per la Corte d'Appello dev'essere reintegrato (e risarcito)

Alberto Muraglia, ex vigile di Sanremo: timbrò il cartellino in mutande, per la Corte d'Appello dev'essere reintegrato (e risarcito)

Sanremo (Imperia), 22 luglio 2024 – Alberto Muraglia, ex vigile di Sanremo, era stato filmato mentre timbrava il cartellino in mutande. Quel video – e le successive foto - avevano come si dice bucato lo schermo ed erano diventati il simbolo degli assenteisti. Ora il protagonista ha appena avuto ragione anche in Cassazione e dovrà essere risarcito. E sta accarezzando l’idea di scrivere un libro su una vicenda giudiziaria che è durata 9 anni. Ripercorriamone le tappe.

L’arresto e il licenziamento di Alberto Muraglia

Nel 2015 Alberto Muraglia, vigile urbano padre di 3 figli, era stato arrestato dalla Finanza e poi licenziato dal Comune. Passa 86 giorni agli arresti domiciliari - “il peso più grande di tutta la storia“, dirà poi - ma impugna il licenziamento. Custode del Mercato da 18 anni, in un’intervista a Quotidiano.net di ottobre 2023 aveva rivendicato: “Avevo decine di ore di lavoro in più che non ho mai chiesto come straordinario”. Era casa e bottega: l’abitazione si trovava infatti nello stesso edificio dov’era il suo ufficio. Così aveva spiegato la foto in mutande.

Il licenziamento e il reintegro

Muraglia era stato licenziato il 22 gennaio 2016. Il 22 ottobre 2015 nel blitz della Finanza erano state notificate 43 misure cautelari di cui 34 arresti domiciliari e 8 obblighi di firma.

Le parole dell’avvocato difensore

Il suo avvocato, Luigi Alberto Zoboli - che lo ha difeso con il collega Alessandro Moroni - aveva riassunto le accuse: aver timbrato o fatto timbrare e di non essere poi montato in servizio. Le aveva definite “irregolarità formali”, “un illecito disciplinare che prevede una multa, non certo un licenziamento”.

Le parole della sentenza

"Il ricorso – stabilisce la sentenza della Cassazione – deve quindi essere respinto con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione in favore del controricorrente delle spese del giudizio dei legittimità, liquidate direttamente in dispositivo”. Parole che mettono fine alla storia giudiziaria.