Lunedì 22 Luglio 2024
RITA BARTOLOMEI
Cronaca

Sanremo, l’ex vigile reintegrato (timbrò il cartellino in slip): “Otto anni per avere giustizia. Ecco com’è andata davvero”

Alberto Muraglia: “Sono diventato un simbolo degli assenteisti per quella foto in mutande. Ma ho dimostrato la mia innocenza di fronte a 4 giudici. Mi aspetto che il Comune vada in Cassazione”

Alberto Muraglia, ex vigile di Sanremo: timbrò il cartellino in mutande, per la Corte d'Appello dev'essere reintegrato (e risarcito)

Alberto Muraglia, ex vigile di Sanremo: timbrò il cartellino in mutande, per la Corte d'Appello dev'essere reintegrato (e risarcito)

Sanremo (Imperia), 29 ottobre 2023 – Da vigile a Sanremo, 8 anni fa, era stato sorpreso a timbrare il cartellino in slip. E in quel momento Alberto Muraglia, 61 anni, era diventato il simbolo di furbetti e assenteismo. Licenziato con disonore. La foto - ripresa dalle telecamere piazzate da chi indagava - aveva fatto il giro del mondo.

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Signor Muraglia, cosa farà?

“Il desiderio di tornare a lavorare c’è. Del tipo, mi avete tolto la divisa di dosso, ora me la ridate. Ma devo vedere se c’è anche la convenienza economica, devo capire”.

Si aspetta che il Comune vada in Cassazione?

“Sì, quasi sicuramente lo farà.

Nel frattempo, oggi che lavoro fa?

“Ho aperto un’attività, ho 3 figli e una famiglia da mantenere. Non potevo di certo chiedere l’elemosina davanti alle chiese”.

Di che cosa si occupa?

“Ho un negozio di aggiustatutto, riparo elettrodomestici e lavoro anche per qualche condominio, faccio le manutenzioni”.

In questi 8 anni che cosa ha visto negli sguardi delle persone?

“Devo dire che a parte qualche caso sporadico ho avuto tantissime dimostrazioni di solidarietà e amicizia”.

Qual è la didascalia di quella foto?

“Lavoravo da 18 anni al Mercato annonario di Sanremo, abitavo lì. In città, che poi è come un paesone, lo sapevano tutti. Così la maggior parte delle persone quando ha visto la mia foto in mutande ha pensato, è normale, è in casa sua. Io ho timbrato a sette metri dal mio ufficio e l’ufficio era attiguo all’abitazione”.

Quindi? “Intanto timbravo in mutande un quarto d’ora prima che iniziasse il mio turno. E già questo avrebbe dovuto far pensare tutti”.

Invece?

“La conclusione è stata: se è in mutande, non avrà lavorato. Non era così e l’ho dimostrato di fronte a 4 giudici, due penali e altrettanti civili”.

Qualche volta hanno timbrato sua moglie e sua figlia.

“Tutto fatto in buona fede. Io nel frattempo ero in ufficio a chiudere una telefonata o una pratica. Quando ha timbrato mia moglie c’erano anche altre persone, il direttore del Mercato è venuto a testimoniare. E tutto questo è sempre accaduto mezz’ora o quaranta minuti oltre il mio orario, non ho mai chiesto una lira di straordinario. L’ho dimostrato ai giudici con tabulati e testimoni”.

Lo rifarebbe?

“Questa è una domanda che lascia il tempo che trova. Perché ho sempre fatto tutto in buona fede”.

Con quella foto era diventato un simbolo dei furbetti. Come risponde alla domanda: perché le è capitato tutto questo?

“Perché c’erano stati esposti e problemi di assenteismo. E ci sono finito in mezzo”.

Alla fine, qual è il titolo di questa storia?

“Che una foto non basta. Il giudice di primo grado lo ha scritto in una sentenza di 300 pagine. Io avevo decine di ore di lavoro in più che non ho mai chiesto come straordinario. Le facevo perché ero custode del Mercato. Cominciavo a lavorare prima, finivo dopo e non segnavo nulla di tutto questo tempo extra”.

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