Roma, 31 agosto 2019 - "La difesa sballata, il centrocampo endemicamente fioco, l’attacco scomposto di gente molto sollecitata a impaurirsi. E dove credevamo di andare?".
Dopo la sconfitta dell’Italia con la Corea, nel 1966, Gianni Brera fotografò così la situazione. Non è con la stessa classe che tanti italiani si rivolgono a Matteo Salvini oggi che è rimasto anche metaforicamente in bermuda. Dove credeva di andare? C’è un verme dentro ognuno di noi. Che gode delle disgrazie altrui e se può infierisce. Cosa si sarebbe potuto dire a Napoleone per farlo stare peggio dopo Waterloo: ricordargli forse la risibile premonizione su Wellington ("È un pessimo generale, prevedo la vittoria entro l’ora di pranzo")?
No, piuttosto insinuare che una delle sue tante amanti gli mettesse le corna. E così nell’ora più buia del ministro che fino all’altro ieri arrestava, chiudeva e sgominava, il verme collettivo insinua: ed è pure stato lasciato dalla fidanzata. Non conta che l’altra sera sia stato visto in trattoria vicino al Parlamento con Francesca Verdini. E nemmeno che la notizia dell’addio, secondo prassi istituzionale, non compaia sui profili social degli interessati. Il verme la sa lunga: la signorina avrebbe preferito dirottare il proprio destino di smagliante ventottenne dal capitano naufragato a Rodolfo Salemi, ex corteggiatore di Uomini e Donne a tentatore in Temptation Island.
La differenza fra la gloria reale e quella fittizia sta nel sopravvivere nella storia. O in una storia. Doppio fallimento, il verme esulta. Non importa che il due di picche sia vero o meno. Importa che qualcuno sparga la voce. Perché se cade uno grosso, uno che alzando il mojito voleva piegare la Francia e fermare le apocalissi, e gli si spezza addirittura il cuore, allora la democrazia è salva.
Siamo tutti Salvini. Registi e vittime di una vasta allucinazione dentro cui niente dura, né la gloria né l’amore. Quando a mollarlo fu Elisa Isoardi era diverso e bastò consolarsi con pane e Nutella. Pazienza essere lasciato su Instagram con una frase di Gio Evan. A letto tutto nudo. Oltre il comune senso dell’imbarazzo. Diverso perché Salvini – non ancora re del Papeete – li faceva tutti neri: mandava in crisi il Salone del libro con una biografia, le gerarchie vaticane con i rosari, la magistratura con anticipazioni fatali su arresti e retate. Il Capitano poteva avere noie sentimentali ma si tirava su con qualche "calcio in culo ai giornalisti servi e infami".
E si è alzava dall’alcova per dire che "l’euro al Sud non se lo meritano, come la Grecia". E che "la Grecia che c…o c’ha? Solo le isolette, il Partenone e la feta". Prendeva applausi sulla castrazione chimica, dava il benvenuto agli immigrati che lavorano bene invitando Muntari a tornare a casa, mandava al diavolo i giovani del Mezzogiorno che "non fanno un emerito dal mattino alla sera". Insomma tanti amici e nessuna Waterloo all’orizzonte. Fino a un attimo prima. Ora il verme sussurra che la fidanzata non sa cosa farsene di un perdente. Con la pancia oltretutto, mentre l’altro ha addominali da paura.