Terno d’Isola (Bergamo), 23 agosto 2024 – Dopo quasi un mese, resta ancora un mistero l’omicidio di Sharon Verzeni, la 33enne uccisa a coltellate in via Castagnate, a Terno d’Isola, nella Bergamasca, la notte tra il 29 e 30 luglio. Un’aggressione rapidissima. Colpi portati con foga, probabilmente con un coltello da cucina. Tanto veloci che potrebbero anche non aver lasciato alcuna traccia utile a isolare un Dna utile alle indagini. Ma le indagini proseguono a ritmo serrato tra interrogatori, ricerca dell’arma del delitto e un nuovo sopralluogo nella villetta dove abitava la vittima insieme al compagno Sergio Ruocco. È ormai comunque chiara la linea che stanno seguendo gli inquirenti: cercare qualche dettaglio, anche minimo, della vita privata di Sharon, fin qui descritta senza ombre. Un particolare che fino ad oggi non è emerso. Forse nelle pieghe più intime potrebbe nascondersi quell’elemento decisivo.
Il papà di Sharon in caserma
Questa mattina, alle 10.15, Bruno Verzeni, papà di Sharon, e l’avvocato della famiglia, Luigi Scudieri sono arrivati al comando provinciale di via Circonvallazione delle Valli a Bergamo. Non è chiaro se Verzeni sia stato ascoltato di nuovo (sarebbe la terza volta) oppure se fosse lì per qualche formalità.
Nuovo sopralluogo nella casa della coppia
In caserma, stamattina, c'era anche Sergio Ruocco. Verso le 11.40, il 37enne ha lasciato via delle Valli su un’auto con due carabinieri della scientifica ed è tornato a Terno d'Isola, per un altro sopralluogo nella casa in cui viveva con Sharon Verzeni. Giunti in via Merelli, poco prima di mezzogiorno, i carabinieri – in totale cinque – hanno indossato le tute bianche e sono entrati nell’abitazione per poi uscire alle 12.30 e tornare al comando a Bergamo. Un tempo piuttosto breve, quasi quanto quello di ieri (la scientifica si era fermata una decina di minuti, tempo necessario per prelevare alcuni oggetti della vittima, ndr).
Ruocco di nuovo sentito in caserma
Dopo essere tornato in caserma con i carabinieri, Sergio Ruocco si è trattenuto fino alle 14.45 per un nuovo interrogatorio. È stato sentito per la terza volta come persona informata sui fatti.
Gli interrogatori
Ieri pomeriggio, dopo il sopralluogo dei carabinieri della Scientifica nella villetta di via Merelli dove Sharon viveva con il fidanzato Sergio Ruocco, sono ripartiti gli interrogatori: sono stati convocati in caserma due dipendenti del Bar Vanilla (dove lavorava la 33enne, ndr) colleghe e amiche di Sharon.
Nei giorni scorsi, sono stati sentiti il compagno della vittima, Sergio, (interrogato insieme al padre Mario Ruocco), i genitori Bruno Verzeni e Maria Teresa Previtali, il fratello Christopher e la sorella Melody con il cognato Stefano Campara, ma anche Maria Rosa Sabadini, madre del fidanzato, e degli zii materni, che a Bottanuco vivono a fianco dei Verzeni.
Scientology
Proprio al Bar Vanilla, Sharon era entrata in contatto con il mondo di Scientology. A tal proposito, nei prossimi giorni potrebbero essere sentiti anche i titolari del bar e alcuni membri dell’organizzazione spirituale che ha una sede a Gorle, in provincia di Bergamo, quella frequentata dalla giovane.
“I proprietari del bar – ha detto ai cronisti Bruno Verzeni, il padre di Sharon – sono di Scientology. All’inizio le avevano proposto di fare un corso sull’essere positivi al lavoro. Ultimamente la sua amica del bar le aveva proposto un corso di rilassamento”. Il corso non mostrava niente di strano, niente di anomalo agli occhi di papà Bruno, che aveva consigliato alla figlia di frequentarlo se lo riteneva utile.
“Ufficialmente – hanno fatto sapere dalla Scientology di Gorle – non abbiamo niente da dire. Lasciateci nel nostro momento di dolore. Chiediamo un attimo di rispetto”. Ha un carattere più ufficiale la mail firmata da Paola Cefis e inviata nei giorni scorsi a Il Giorno. “Nessuna pista Scientology” nell’enigma di Terno d’Isola, anzi, espressione da ritirare immediatamente da parte di chi l’ha usata. “Scientology è la religione della vita, al meglio e completamente vissuta, contenuto questo che si pone in contrasto con l’opaca affermazione” sulla presunta pista. “Per il resto, se potremo essere d’aiuto alle forze dell’ordine per contribuire all’individuazione del colpevole di questo efferato delitto, faremo tutto il possibile”.
L’arma del delitto
Quanto all’arma del delitto, si cerca di un coltello con una lama appuntita. Uno di quelli che si utilizzano in cucina, oppure un pugnale. Dall’autopsia emerge un’aggressione veloce, rapidissima, fulminea: la sequenza dei colpi e poi via. Sharon non ha avuto il tempo di gridare aiuto. Le ecchimosi trovate sulle braccia, piccole lesioni, sono più compatibili con la presa da parte del personale sanitario, giunto sul posto per soccorrere la barista, a terra sanguinante, piuttosto che da difesa. Nei prossimi giorni dovrebbe esserci un sopralluogo da parte dei carabinieri con il metal detector nella zona attorno alla casa di via Merelli.
L’uomo in bicicletta contromano
Tutto questo in attesa dei risultati dei Ris di Parma sui vestiti che la vittima indossava quella sera. Senza dimenticare l’uomo in bicicletta, che a oggi non ha un nome né un volto, un testimone che passando proprio all’ora del delitto in via Castegnate potrebbe aver notato qualcosa o visto qualcuno che si allontanava. Per ora quel “ciclista contromano” rimane una sagoma intercettata solo da una delle 60 telecamere che gli investigatori stanno passando al setaccio ormai da giorni.
Il supertestimone
Nessuna conferma neppure dal supertestimone Antonio Laveneziana, che quella sera e a quell’ora si trovava sul balcone di casa a fumare ma che, stando alle sue dichiarazioni non avrebbe visto e sentito nulla. Eppure, stando alle immagini delle telecamere, la bicicletta sfreccia proprio ai piedi del suo terrazzo, mentre lui è lì, affacciato in direzione dell’angolo dove è avvenuto l’omicidio, che sta a circa 150 metri. Sono troppi per avere visto i colpi del killer, ma per chi indaga è difficile credere che il pensionato non abbia notato la bicicletta passare proprio sotto casa. Non solo. A questi dubbi degli inquirenti, si aggiungono anche le perplessità per la reticenza iniziale dell’uomo. Quando i carabinieri bussano al suo monolocale, Laveneziana li liquida. Dormiva, dice, alle 00.50 del 30 luglio. Solo quando gli viene mostrata l’immagine di lui sul balcone, la sigaretta fra le dita, aggiusta il tiro. “Io non ho visto niente perché mi hanno operato alla cataratta a tutti e due gli occhi e non ho sentito urla perché sono sordo”. Per tutto questo, allora, Laveneziana è indagato per falsa testimonianza.