Mercoledì 13 Novembre 2024

Roma resta sotto la lente "Gli Usa si fidano di Meloni"

Il direttore del Robert Schuman: mantenga la linea di politica estera di Draghi

ROMA

"Se l’Italia mantiene una linea di politica estera come quella vista con il governo Draghi e assicura una buona disciplina di bilancio, Washington non interferirà nella politica interna italiana. Dopotutto abbiamo avuto la presidenza Trump e in tanti Stati americani ci sono governatori più conservatori di Meloni. Ma non è una cambiale in bianco. Ci sono linee rosse da non superare".

Così il professor Erik Jones, americano, direttore del Centro Robert Schuman per gli studi avanzati dell’Istituto universitario europeo.

Professor Jones, l’Europa ha creduto a Tajani. Sorpreso?

"Il Ppe non aveva scelta. Doveva fidarsi di Tajani, che è ben conosciuto ed è stimato a Bruxelles e non solo. Se lui dice formalmente che Forza Italia e il nuovo governo sono sulla linea della Nato il Partito Popolare, che pure non ha affatto gradito le parole di Berlusconi, non poteva sconfessarlo. Per loro sarebbe stato un disastro se Berlusconi avesse ribadito a sua linea facendo diventare la disinformazione russa la linea di tutto il partito. Ma così non è stato, Berlusconi ha smentito e ha mandato Tajani per assicurare che nulla sarebbe cambiato con il governo del centrodestra. Credo che in parecchi nella capitali europee abbiano tirato un respiro di sollievo".

Crisi finita?

"Per ora. Ma l’Italia sarà osservata specialissima. I rischi per il governo Meloni, come dicevo, sono due: minare il fronte occidentale che supporta l’Ucraina e innescare una tempesta sui mercati che rischia di travolgere l’Italia e non solo. Auspico che il vostro Paese usi responsabilità. E questa peraltro mi pare essere la strategia della leader di FdI"

Quindi l’Occidente, Washington in testa, crede alla linea annunciata da Giorgia Meloni?

"Direi di sì. Meloni sa bene che l’atlantismo è un punto essenziale ed è suo interesse fare di tutto per essere percepita come affidabile, un partner credibile di Nato e Usa, in primis nel supporto a Kiev. Discorso diverso per Salvini, che è visto con sospetto, come anche per certi versi Berlusconi".

Quanto ha contato la dichiarazione dell’altroieri della Meloni: "Chi non condivide i capisaldi Nato e Ue è fuori"?

"Ha contato molto. Negli ultimi giorni io e i miei interlocutori americani che seguono la politica del vostro Paese abbiamo avuto paura che lei non riuscisse a far nascere il suo governo e che ci fosse il rischio di nuove elezioni, dato che in questo Parlamento non esiste una coalizione alternativa. Con quella dichiarazione, Meloni ha messo i suoi alleati con le spalle al muro. Non ha parlato in politichese ma in maniera chiara, mettendo Lega e Forza Italia di fronte a una scelta netta. È stato apprezzato".

Lei pensa che quindi l’Italia non ammorbidirà il sostegno a Kiev?

"Ritengo che non lo farà. Ho più paura che possa farlo l’America, perché i repubblicani americani potrebbero conquistare uno dei due rami del Congresso e al loro interno c’è una frangia più interessata a colpire i democratici mettendo in difficoltà Biden sul fronte internazionale che a contrastare la Russia in Ucraina".

Cosa si attende dalla Russia?

"Che continuerà a cercare di inserirsi all’interno nel gioco democratico italiano, come di tutti i Paesi nei quali hanno degli interlocutori, per provare a forzare i governi occidentali su posizioni meno antirusse e distruggere la solidarietà sulle sanzioni. Le sanzioni pesano sull’economia europea e i russi lo sanno. Spingeranno su questo favorendo argomentazioni populiste. Aspettatevelo".

Alessandro Farruggia