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La criminologa, psicologa forense ed opinionista, Roberta Bruzzone, 51 anni
Roma, 24 febbraio 2025 – Datemi genitori migliori e vi darò un mondo migliore. Lo chiedeva Aldous Huxley, maestro di utopie. Anche Roberta Bruzzone, criminologa e psicologa forense, parte da lì. Da quel disastro che a volte sono mamma e papà quando cercano un’impossibile simmetria con i figli, li trattano come se fossero compagni di bevute e, per amore di complicità, allentano il controllo.
Dottoressa Bruzzone, lei si è scagliata contro i genitori amici. Ha provocato dicendo che ci vorrebbe un patentino, preso prima di procreare. E che andrebbe tolta la prole a chi pensa che un bambino di 12 anni abbia diritto alla privacy. Nello smarrimento generale ci vuole davvero un mental coach?
"Il patentino è una provocazione che porterebbe in fretta all’estinzione del genere umano. Comunque, per ipotesi e per quello che vedo in giro, dovrebbe prevedere la valutazione della personalità dell’aspirante genitore. Ma anche una valutazione della coppia, del progetto in cui vuole collocare la creatura. I presupposti sono che entrambi siano sufficientemente risolti e che l’ambiente si prospetti sereno sotto il profilo evolutivo. La vedo dura".
Buffi questi genitori: non vogliono mettere il naso nella chat dei figli però li esibiscono da quando sono ecografie. Sulla riservatezza ci sono idee un po’ confuse.
"La privacy è un alibi per girare la testa dall’altra parte. Se spiano il cellulare e si rendono conto che c’è un problema sono poi costretti ad affrontarlo. Vedo il diffondersi di una beatitudine idiota, l’idea del figlio ideale da non contraddire mai per ricevere la sua approvazione. Quando si rendono conto che quel figlio non esiste è troppo tardi. Oggi fare un bambino significa adeguarsi sotto il profilo sociale, cedere a una pressione, me lo lasci dire, di matrice patriarcale. Se non sei madre non sei completa, hai una falla. Mostrare il nascituro in ecografia è proprio la misura di quanto quel bambino sia solo l’estensione narcisistica dell’adulto".
Messa così, forse ci vuole davvero la patente per questi adolescenti di ritorno.
"Il genitore narcisista non sa contenere, non accetta la valutazione negativa del figlio e diventa suo ostaggio. Questo consegna ai bambini un potere aberrante e fa deragliare il processo evolutivo. I bimbi vogliono regole e paletti e posso confermare che la maggior parte dei soggetti con condotte problematiche ha alle spalle un padre e una madre inadeguati".
Lei, realizzata e felice senza essere madre, è diventata un modello per tutte le donne che decidono di non avere figli. Sarà abituata a chi sostiene che da questa posizione non ha voce in capitolo.
"Ho avuto il coraggio di ritenermi inadeguata. Per come sono fatta, sarei stata una pessima madre: troppo protettiva, ingombrante, esigente. Non volevo scaricare questa pesantezza sulla vita di qualcun altro. Ma non è il solo motivo. Il desiderio profondo non l’ho mai provato, non me la sono sentita. E poi il tipo di vita che faccio mi piace troppo, in questo c’è sicuramente una parte di egoismo".
Come si costruisce un rapporto sano, senza istruzioni tentennanti?
"Dicendo per esempio: ho dato un’occhiata al tuo cellulare, ho visto questa cosa che mi preoccupa e voglio parlarne con te. Punto. Ho paura che creda che io lo controllo? Ma sei un genitore, controllare un figlio è parte dei tuoi doveri. Non c’è riservatezza che tenga, un dodicenne non ha il diritto alla privacy. Sei un genitore e quindi hai anche i superpoteri, usali".
Il parental control oggi è affidato ai pulsanti. Le nostre madri erano quel pulsante e la storia finiva lì.
"Noi lo percepivamo che quegli adulti a caccia della chiave del diario segreto, dai quali magari partiva un ceffone, erano veramente interessati a noi, ci dedicavano il loro tempo. Adesso si delega ai social che fanno da baby sitter come prima la televisione, ma con danni maggiori. E si pensa che sia la scuola a dovere tamponare le falle, altra grandiosa aberrazione. È indispensabile convincersi che il figlio stia bene per non avere rotture di scatole. Così vedo poveri disgraziati che vanno a comprare la droga al piccolino per non metterlo nei guai. Come fra amici".
Amici mai?
"Siamo passati dalla famiglia normativa che aveva le sue pecche ma allenava alla frustrazione, a quella affettiva, liquida, che non insegna, non punisce e accoglie anche le cose peggiori. Un genitore si squalifica da solo se diventa amico. Deve insegnare a stare al mondo, fornire risposte. Se le risposte non le ha può evitare di fare figli, ripiegare su un cane. La prima fase dei bacetti e della buonanotte passa in fretta, poi comincia il lavoro vero. E infatti ci troviamo davanti a un’epidemia di ragazzini depressi, incapaci di affrontare la realtà, già arresi".