di Nicola Palma
e Roberta Rampini
SENAGO (Milano)
Non un’ora prima, ma giorni prima. Alessandro Impagnatiello avrebbe iniziato a pianificare l’assassinio della compagna Giulia Tramontano ben prima delle 19 di sabato 27 maggio, quando cercò sul web un modo per eliminare le tracce di bruciato da una vasca da bagno. Le analisi sul cellulare avrebbero fatto emergere altre ricerche precedenti, che retrodaterebbero la premeditazione a diversi giorni prima: una in particolare riguarda il veleno per topi. E un riscontro è arrivato dal sopralluogo nell’abitazione di via Novella 14A: i carabinieri del Nucleo investigativo hanno sequestrato una confezione di topicida. Inoltre l’inchiesta della procura ha portato alla luce un’altra circostanza da valutare con estrema attenzione: due giorni dopo l’omicidio, quando Giulia era ancora una persona scomparsa da cercare e non un cadavere nascosto nel box, il 30enne e la madre sono andati in un bar che si trova a un centinaio di metri dal luogo in cui è stato poi ritrovato il corpo, un’intercapedine di via Monte Rosa, per chiedere informazioni sull’eventuale presenza di telecamere all’esterno del locale.
Il sospetto degli inquirenti è che dietro la domanda ci fosse l’interesse di capire se quello potesse essere un luogo dove potersi disfare del corpo di Giulia senza essere ripresi da occhi elettronici. D’altro canto, quel quesito può essere interpretato anche in un altro modo: cioè che Impagnatiello (fingendo) e la mamma (inconsapevole della tragica fine della nuora) stessero cercando filmati in cui era ripresa Giulia. Ieri gli accertamenti dei militari si sono mossi su un doppio binario. In mattinata sono partite le ricerche nei tombini del parcheggio della fermata Comasina della metropolitana, lì dove Impagnatiello ha dichiarato di aver abbandonato cellulare e tessere magnetiche della compagna. I militari, coadiuvati dai vigili del fuoco, hanno recuperato la patente di guida, il bancomat e la carta di credito della 29enne, ma non hanno trovato il suo smartphone. Nel frattempo, gli specialisti della Sezione investigazioni scientifiche sono entrati nell’abitazione della coppia, a caccia di riscontri alla ricostruzione (o meglio, alle ricostruzioni) del barman. Le tute bianche hanno trovato la presunta arma del delitto, un coltello di 10 centimetri con manico nero, descritto dal 30enne durante l’interrogatorio davanti al gip Angela Minerva: era infilato in un ceppo con altre lame, sul piano cucina sopra il forno; gli investigatori le hanno repertate tutte, in vista degli accertamenti tecnici per verificare la compatibilità con le ferite sul cadavere di Giulia. Il sopralluogo, al quale nelle prime fasi hanno partecipato anche l’aggiunto Letizia Mannella e il pm Alessia Menegazzo, ha fatto emergere con il luminol diverse tracce ematiche e biologiche: alcune in cucina, lungo le fughe delle piastrelle, molte di più in salotto, anche sui muri; una, di piccole dimensioni, era ancora visibile a occhio nudo sulla parete attrezzata con mensole e tv. Una scena che ha fatto ipotizzare che il delitto sia avvenuto in soggiorno, anche se su questo punto gli accertamenti sono ancora in corso.
Nella casa, sono stati repertati anche una bottiglia con benzina e e pellicola trasparente, identica a quella che avvolgeva in parte il corpo di Giulia al momento del ritrovamento. La vasca, dove Impagnatiello ha riferito di aver messo il cadavere per dargli fuoco dopo l’omicidio, non presentava evidenti segni di bruciature, bensì un cambio di colore in alcuni punti. Segni evidenti del passaggio del corpo sono stati intercettati in cantina. Il box presentava punti anneriti di fianco a un neon: quando i carabinieri hanno aperto la porta basculante, hanno percepito un forte odore di benzina.