Giovedì 26 Dicembre 2024
FRANCESCO INGARDIA
Cronaca

Rischi e sacrifici dei camionisti: “Dodici ore inchiodati al volante. La paura compagna di viaggio”

Guarnieri ha lavorato per anni come autotrasportatore: sveglia prima dell’alba per essere in orario. “Il colpo di sonno era sempre in agguato. Sciacquavo la faccia e ripartivo, poi alla fine ho detto basta”

Firenze, 11 dicembre 2024 – Otto anni di sacrifici vissuti con una “paura consapevole”. Un quarto della sua vita vissuta su strada. La sveglia puntata molto prima dell’alba, per via del rapporto simbiotico amore-odio col volante dei tir. Diecimila chilometri al mese girando in lungo e largo la Toscana. Con gite fuori porta tra i vari snodi carico come Cremona, Ravenna e Marghera, Vado Ligure a caricare il prodotto raffinato. Livorno, la base logisitca di partenza della Rat in seno alla raffineria di Livorno. Sì, la stessa cooperativa del Raggruppamento di autotrasportatori toscani dirimpettaia al deposito Eni di Calenzano, off-limits dopo la tragedia di lunedì mattina.

Giacomo Guarnieri ha conosciuto alcuni dei colleghi morti nel disastro di Calenzano
Giacomo Guarnieri ha conosciuto alcuni dei colleghi morti nel disastro di Calenzano

Giacomo Guarnieri ha “conosciuto bene i colleghi” vittime della strage. Compreso Vincenzo Martinelli, Carmelo Corso e Emiliano Braccini, ricoverato al centro grandi Ustioni di Cisanello (Pisa). Ma il livornese, a Calenzano, non ha mai messo piede, poiché destinato ad altre rotte. Indossando la divisa d’autotrasportatore da ragazzo, a 22 anni, per uscirne uomo. Per poi dire basta, scollinati i 30: “Cambio tutto, rallento”. Vuoi anche per la cruda consapevolezza del rischio che comporta il trasporto su gomma di carburanti altamente infiammabili. Una svolta dettata dal bisogno di ritagliarsi spazi nel privato da dedicare alla famiglia, alla compagna, agli amici. Alla cura di sé stesso. “Adesso lavoro al Galilei di Pisa a rifornire gli aerei. Ho conosciuto per la prima volta le flessibilità dei turni. Il paradosso è che mi sono ritrovato tanto di quel tempo libero che non sapevo come impiegarlo. Ma indietro non ci torno più”, ammette Giacomo.

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Nel mezzo, c’è la tempra di chi non ha mai mollato, affrontando spese non coperte o rimborsate. “La normalità vuole che sia l’autista a sobbarcarsi i costi per patenti e patentini – spiega Guarnieri –. La C per la motrice, la E per i semi rimorchi, ogni 5 anni l’Adr per merci pericolose e il Cqc per l’abilitazione al trasporto in conto terzi. Oltre 5mila euro pagati di tasca mia, coi risparmi di una vita. Con un anno di servizio civile, più l’aiuto dei genitori”.

Anche dodici ore di lavoro al giorno – 240 in fondo al mese, spalmati su 20 giorni feriali – e 45 ore tassative, per legge, di riposo settimanale. E poi, di nuovo in cabina. La giornata tipo? Sveglia alle 3.45 per essere operativo al deposito di Livorno per il carico di carburante tra gli hinterland di tutte le province toscane, lungo la gincana della Fi-Pi-Li, l’arteria che collega la costa al cuore della Regione, troppo spesso a forma d’imbuto per continui rallentamenti, incidenti o cantieri affastellati. “Vero, la legge impone un tetto massimo di nove ore di guida al giorno – aggiunge Giacomo –. Ma sono tanti i non detti. Oggi in pochi son disposti a farlo, soprattutto da persone della mia età. Devi mettere nel conto le pause pranzo saltate o trascorse alla guida per accorciare i tempi”. L’elefante nella stanza di ogni autotrasportatore rimane l’anatema del ’colpo di sonno’.

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“Solo l’esperienza ti fa capire quando raggiungi il limite fisico – confida –. E allora ti fermi, ti sciacqui il viso in un autogrill, bevi un doppio caffè, passeggi attorno al camion per tenerti sveglio. Solo cambiando lavoro ho capito quanto l’autista subisca gli imprevisti e i problemi degli altri. C’è traffico? La consegna ritarda. Il distributore chiude? Ritardo. Si buca una gomma lungo il tragitto? Ritardo. La legge dell’autotrasportatore è sapere l’orario in cui entra, ma non quello d’uscita. Lo stress porta a nervosismo, alla frustrazione di non avere il tempo per gli affetti. E per la vita fuori dal lavoro”.