Elena
Comelli
Alla fine, chi paga è il consumatore. Il Black Friday nasce negli Stati Uniti, come una giornata di promozioni speciali, soprattutto sul materiale tecnologico, che cade una settimana dopo Thanksgiving e segna l’inizio degli acquisti natalizi. Nel tempo l’iniziativa si è estesa anche all’Europa, dove resta un fenomeno legato soprattutto all’e-commerce. Fin dalle prime edizioni del Black Friday, però, anche gli esercizi commerciali in carne e ossa hanno aderito agli sconti anticipati. La prevalenza degli acquisti online in occasione del Black Friday discende da una scelta dei consumatori, che sulle piattaforme di e-commerce evidentemente trovano meglio quello che cercano e lo trovano con sconti che possono arrivare al 70%. Ora c’è chi mette in discussione questa occasione, per equità con i negozi tradizionali, che per colpa della pandemia quest’anno sono chiusi. Ma non è la prima volta che il Black Friday è sotto accusa. L’idea di rinviarlo di una settimana, partita dalla Francia, ha poco a che fare
con la difesa dei negozi
di quartiere: è strettamente legata alla crociata francese anti-Amazon, una crociata che ha connotazioni marcatamente nazionaliste e che non sarebbe certamente partita se Amazon fosse un’impresa francese. Rimandare gli sconti solo per antipatia verso la piattaforma di Jeff Bezos, che peraltro ospita anche le vendite di milioni di piccoli commercianti, è una scelta che non difende nessuno e colpisce soltanto i consumatori.