Rigopiano (Pescara), 25 novembre 2024 - La strage dell’hotel Rigopiano è scritta nell’incrocio tragico e dolorosissimo delle conversazioni tra i 40 prigionieri in trappola e chi doveva intervenire e non lo ha fatto (per tempo). Toglie il fiato rileggere i messaggi di lavoratori e ospiti del resort sul Gran Sasso, cancellato da una valanga alle 16:49 del 18 gennaio 2017, e insieme quelli degli altri, di chi non ha creduto agli allarmi. Di chi ha frainteso, sottovalutato, persino riso. Mentre in Abruzzo dal 16 gennaio pareva di stare in guerra, tra emergenza neve e scosse di terremoto. Ma in
quella guerra, era il caos.
Per capire davvero la storia della strage di Rigopiano - 22 assoluzioni e 8 condanne in appello, dai 151 anni e mezzo di carcere chiesti all’inizio dal pm Giuseppe Bellelli si è arrivati a 16 anni e mezzo, siamo alla vigilia della Cassazione - bisogna tornare lì, rimettere in fila sulle carte le risposte di chi avrebbe dovuto garantire la sicurezza.
La storia per punti
Gabriele D’Angelo, il cameriere gentiluomo
Restano nel cuore e fanno indignare le telefonate di Gabriele D’Angelo, il cameriere gentile del resort, tra le 29 vittime. Da volontario della Croce Rossa aveva intuito tutto fin dal mattino, con la sua disperata richies
t a di aiuto anche alla prefettura di Pescara, che misteriosamente a un certo punto era sparita. Un incrocio angosciante, che gli atti dell’inchiesta ricostruiscono meticolosamente. Ecco le ultime ore prima della tragedia e le frasi che non dimenticheremo mai.“Rimaniamo quassù per sempre”. “Mo’ ha rotto il c... cussù con l’albergo”
“Rimaniamo quassù per sempre”, il presagio che Paola Tomassini affida a un video postato su Facebook alle 9.35 del 18 gennaio, quando ormai l’hotel è sommerso dalla neve. La donna, 47 anni, morta con il compagno Marco Vagnarelli, viene ritrovata cadavere il 23 gennaio alle 22.35 nel locale bar, dov’erano in attesa in tanti, sempre con l’idea di andarsene ma tenuti in ostaggio da un muro di neve alto almeno due metri.
La fine di Paola Tomassini è straziante: il suo telefonino ha continuato a registrare “altre attività di attivazione”, scrivono gli investigatori, fino alle 7.37 del 20 gennaio. Questa la verità choc che la famiglia scoprirà, purtroppo dai giornali. “Vi amo a tutti, salutami mamma” con un cuore, era stato l’ultimo messaggio delle 17.29 del 18 gennaio.
Alle 9.30 del mattino, mentre Paola Tomassini aveva postato quel video inquieto, Paolo D’Incecco, dirigente viabilità della Provincia, parlando al telefono con il suo sottoposto Mauro Di Blasio – sono entrambi tra gli 8 condannati in appello - aveva già espresso tutta la sua insofferenza per Roberto Del Rosso, l’ex proprietario dell’albergo che all’hotel aveva dedicato la vita, che verrà trovato morto nella sala lettura della sua creatura, e che fin dall’alba chiedeva di intervenire. “Lascia perdere l’albergo... Mo’ ha rotto il c... cussù con l’albergo”. E alle 8.58: non va bene chiedere una turbina all’Anas - l’Unimog della Provincia è rotto dal 6 gennaio - perché così “ci facciamo fare l’esproprio in casa”.
“More puoi passare dal Comune”. “Che stessero tranquilli al caldo”
Gabriele D’Angelo, il cameriere gentiluomo, è davvero l’eroe buono della storia. Le carte dell’inchiesta ricostruiscono meticolosamente le sue disperate richieste di aiuto. Sapeva ascoltare e sapeva capire, Gabriele.
“Hotel Rigopiano evacuazione”, c’è scritto nel registro del Coc di Penne, la traccia della chiamata fatta a un amico volontario della Croce Rossa. Ma al centro di questa storia dolorosissima resta la telefonata delle 11.38 alla prefettura, dura 230 secondi ma viene ‘scoperta’ tardi, all’inizio non ce n’è traccia, anche per questo sarà aperta una seconda inchiesta per depistaggio, inchiesta poi confluita in quella madre.
Strazianti anche i messaggi scambiati con la fidanzata Giuly Damiani, a Natale le aveva chiesto di sposarlo. “More puoi passare al comune di Farindola e dire la situazione di qua su per favore”, aveva scritto Gabriele alle 14.55 del 18 gennaio su WhatsApp. Si parlano anche al telefono, lui dice che la situazione in albergo è diventata insostenibile, volevano andare via tutti, clienti e colleghi.
“Che stessero tranquilli al caldo, tanto lassù hanno tutto”, era stata invece la risposta sciagurata di Enrico Colangeli, tecnico del Comune, a Giuly che lo aveva incontrato per strada, “mi hanno detto che la turbina, se tutto va bene, dovrebbe partire questa sera, ma quasi sicuramente domani”. Gabriele D’Angelo sarà ritrovato fuori dall’hotel, sotto la neve, il 19 gennaio alle 13.30, stava aiutando i colleghi a caricare la caldaia, aveva un sacco di pellets sulle spalle.
“Mai avuto così paura”. “Se dobbiamo liberare la Spa, ci andiamo a fare pure il bagno”
Alle 12.38, in una conversazione con l’amica Pamela, Valentina Cicioni, la mamma infermiera di Monterotondo, si dimostra terrorizzata. “Mai avuto così paura... Più che altro per la neve che ci può cadere dalla montagna con le scosse... Pamela so’ disperata. Siamo bloccati e impotenti”.
Valentina morirà a Rigopiano, il marito Giampaolo Matrone si salverà in un modo miracoloso, sopravvissuto a 62 ore sotto quelle macerie di ghiaccio, in una posizione incredibile che gli lascerà segni per sempre. Alle 15.34, poco più di un’ora prima della valanga, il dirigente della Provincia di Pescara D’Incecco parla con un dipendente dell’Anas, al centro del colloquio (intercettato) c’è la richiesta di distaccare una turbina. “Se dobbiamo liberare la Spa, al limite ci andiamo a fare pure il bagno”, dice a un certo punto l’interlocutore del dirigente provinciale. Risate. Che come quelle parole non sono penalmente rilevanti ma lasciano sgomenti.