Venerdì 20 Dicembre 2024
RITA BARTOLOMEI
Cronaca

Rigopiano, la beffa. "Per l'Inail Gabriele non è morto sul lavoro"

L'ira di Francesco D'Angelo, gemello del cameriere rimasto ucciso sotto le macerie dell'hotel IL REPORTAGE / Rigopiano, viaggio a Farindola. Il paese spezzato tra vittime e indagati / VIDEO

Francesco D'Angelo, fratello di Gabriele morto a Rigopiano

Penne (Pescara), 4 gennaio 2018 - Francesco D'Angelo, 32 anni. Nella strage di Rigopiano ha perso Gabriele, suo fratello gemello, cameriere all’hotel. È identico a lui. Sorride: «Veramente Gabriele era molto perfezionista, preciso in tutto, al contrario di me».

Siamo a Penne, davanti alla sede della Croce Rossa. Gabriele è stato volontario per una vita. Il 18 giugno gli hanno dedicato questa sede, là in alto c’è la targa.

«Sedici anni di impegno. Era generoso, preciso, esperto di emergenze. Aveva lavorato anche all’Aquila, dopo il terremoto del 2009».

Morto sul lavoro.

«Veramente no. Non per l’Inail».

Spieghi.

«Lo stabilisce una legge del ’38, modificata trent’anni dopo. Se il tuo stipendio non serve al mantenimento della famiglia, non ti viene riconosciuto nulla. Detto in parole povere, non sei niente».

I dipendenti morti nella valanga sono undici.

«Infatti questa regola assurda vale anche per la famiglia di Marinella Colangeli e per altri. Non è giusto».

IL REPORTAGE / Rigopiano, viaggio a Farindola. Il paese spezzato tra vittime e indagati / VIDEO

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Vi sentite beffati.

«Questa cosa fa male. Se penso a mio fratello, a quanta energia dedicava al lavoro... Ci teneva proprio. Per questo voglio scrivere al presidente della Repubblica Mattarella».

Il capo dello Stato nel messaggio di fine anno ha ricordato le famiglie delle vittime di Rigopiano, vi ha espresso vicinanza.

«Io lo invito qui, a Penne. Gli chiedo una cosa sola: mi spieghi cosa significa Inail. Se è l’istituto del lavoratore e non riconosce che a Rigopiano ci sono state morti sul lavoro, allora chi tutela?».

Intanto si prospetta una battaglia legale. Ad oggi gli indagati sono 23. Cosa si aspetta dall’inchiesta?

«Uno spiraglio di luce, che l’Italia cambi e si possa arrivare davvero alla giustizia. Che non sia come sempre, che non ci raccontino barzellette. Tanti fanno i leoni sui siti, non sono né geologi né ingegneri e già scagionano tutti».

Invece le carte dell’inchiesta parlano di negligenza, imperizia, imprudenza, violazione di norme di legge.

«Fra l’altro sono stati commessi abusi, la commissione valanghe del Comune ha smesso di riunirsi nel 2005. Tra poco la colpa diventa delle vittime. Non della prefettura, della Provincia... Se ricordiamo bene il 17 gennaio la polizia provinciale ha accompagnato i clienti dall’incrocio di Villa Cupoli fino a Rigopiano».

Gli scampati se lo ricordano bene. C’era anche Giampaolo Matrone.

«Gli hanno aperto la strada fino all’hotel. E c’erano già stati altri precedenti pericolosi. Nel 2015 erano rimasti isolati tre giorni, altri problemi nel 2012. L’ultima volta c’era anche Giuly, la sposa di mio fratello. La chiamo così, avevano già progettato il matrimonio».