Lunedì 13 Gennaio 2025
PACO MISALE
Cronaca

Rigopiano, "Ci fu depistaggio". Prefettura nei guai

Valanga killer, inchiesta bis a Pescara. Sette dirigenti indagati, tra loro l’ex numero uno Provolo e due vice. I pm: "Nascosta agli investigatori la telefonata d’allarme"

Le rovine dell'hotel Rigopiano, dove morirono 29 persone (Ansa)

Pescara, 29 dicembre 2018 - Sulla tragedia di Rigopiano ora s’indaga anche per depistaggio. Un nuovo fascicolo è stato aperto dalla procura di Pescara sul disastro dell’hotel nel Comune abruzzese di Farindola dove una valanga, nel pomeriggio di mercoledì 18 gennaio 2017,  travolse  la struttura uccidendo 29 persone tra ospiti e personale dell’albergo. I magistrati hanno notificato 7 avvisi di garanzia per il reato di frode in processo penale e, appunto, depistaggio a carico del personale della prefettura di Pescara, compreso l’ex prefetto.    Le accuse che vengono mosse sono quelle di aver occultato il brogliaccio delle segnalazioni del 18 gennaio 2017 alla squadra mobile di Pescara per nascondere la chiamata di soccorso fatta alle 11.38 dal cameriere Gabriele D’Angelo, una delle vittime, al centro coordinamento soccorsi. L’indagine è guidata dal procuratore capo di Pescara Massimiliano Serpi e dal sostituto procuratore Andrea Papalia, con i carabinieri forestali abruzzesi guidati dal tenente colonnello Annamaria Angelozzi. Tra gli indagati l’ex prefetto Francesco Provolo e i due viceprefetti distaccati Salvatore Angieri e Sergio Mazzia. Con loro i dirigenti Ida De Cesaris, Giancarlo Verzella, Giulia Pontrandolfo e Daniela Acquaviva. Salvatore Angieri oggi è l’attuale vicario del prefetto di Macerata, mentre Mazzia è il vicario del prefetto di Crotone.

Gli investigatori del Gruppo carabinieri di Pescara stavano indagando sulla vicenda già da un anno dopo l’acquisizione di una conversazione avvenuta tra un carabiniere della sala operativa della città abruzzese e la funzionaria della prefettura Daniela Acquaviva, in cui quest’ultima conferma al militare che l’intervento su Rigopiano era stato eseguito in mattinata riferendosi proprio alla telefonata di Gabriele D’Angelo. Lo stesso D’Angelo aveva chiamato anche il Coc di Penne (Pescara) sempre in mattinata per chiedere in pratica le stesse cose, e il suo nome risulta sul brogliaccio della postazione. Ma prima delle nuove verifiche sui tabulati in uscita delle telefonate dei cellulari, della conversazione tra D’Angelo e la Prefettura non c’era notizia.   A mettere gli investigatori sulla traccia giusta c’è, invece, agli atti della prima indagine, quella che ha portato ai 25 indagati, una telefonata tra i carabinieri e la prefettura delle ore 18.09 del 18 gennaio 2017, quindi almeno un’ora e venti dopo la valanga. Il carabiniere di servizio riferisce di aver ricevuto una chiamata da Quintino Marcella: Quintino è il proprietario del ristorante di Silvi dove lavorava Giampiero Parete, scampato alla tragedia con la famiglia. Il ristoratore dichiara ai carabinieri che Parete gli aveva riferito della valanga. Ma la telefonata non era stata ritenuta attendibile. Lapidario Francesco, il fratello gemello di Gabriele D’Angelo: «Abbiamo presentato noi un esposto perché non ci risultavano le telefonate in uscita, mentre sapevo che Gabriele aveva chiamato mia madre. Stiamo male: perché la prefettura ha nascosto questa telefonata? Semplice: sanno che li potevano salvare, Gabriele li aveva avvertiti del pericolo».