Martedì 11 Marzo 2025
BEPPE BONI
Cronaca

Riarmo, in Italia l’obiettivo è di 200mila soldati. “Riservisti e professionisti, così il Paese sarà sicuro”

Il generale Battisti: serve un modello misto che non abbiamo mai applicato. Ma resta il problema dei pochissimi poligoni per le esercitazioni di artiglieria

Riarmo, in Italia l’obiettivo è di 200mila soldati. “Riservisti e professionisti, così il Paese sarà sicuro”

Roma, 11 marzo 2025 – Nulla è più come prima. Il mondo ha cambiato volto in conseguenza di nuovi, e in parte imprevisti, equilibri politici e per la fine della Guerra fredda, che ha disegnato nuovi confini e nuove ambizioni, un rimescolamento di carte che, anche a causa dei conflitti in corso, sta mutando i modelli di difesa delle nazioni. Ecco perché il piano di riarmo dell’Europa non può essere considerato disgiunto dal progetto di rafforzamento delle Forze armate italiane. L’obiettivo non è certo entrare in guerra, ma al contrario organizzarsi a scopo di deterrenza. Ha agitato la politica e stupito l’opinione pubblica la notizia che si pensa all’ingaggio di 40mila militari in più nell’ambito di uno studio dello Stato maggiore della Difesa su scenari futuri. Nel 2012, governo tecnico Mario Monti, l’allora ministro della Difesa, l’ammiraglio Giampaolo di Paola, elaborò un piano di ridimensionamento delle Forze armate (reso operativo solo in parte ) poiché il governo pensò che avessero “un dimensionamento non più sostenibile”.

Il generale Portolano al vertice dei capi di stato maggiore sull’Ucraina a Parigi. Sul tavolo: peacekeeping e forza anti-Putin della ‘coalizione dei volenterosi’

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Due soldati dell’esercito italiano impiegati a Milano davanti al Duomo in operazione di ordine pubblico (foto Dire)

Tempi nuovi esigenze nuove, oggi si stima il contrario. Il capo di Stato maggiore dell’Esercito, generale Carmine Masiello, giorni fa ha esposto il nuovo scenario in Commissione Difesa alla Camera. “Le limitazioni dell’attuale modello appaiono evidenti se analizziamo le richieste avanzate dall’Alleanza atlantica nell’ambito degli obiettivi 2025 e diventa più significativo se confrontato con la necessità di assicurare ulteriori forze dell’esecuzione del piano militare di difesa nazionale. Per il conseguimento del primo obiettivo lo Stato maggiore dell’Esercito, in sinergia con il vertice interforze, ha stimato la necessità di un incremento dell’organico fra le 40-45mila unità, definendo un modello in chiave Nato fra le 133-138mila unità”.

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Oggi tra Esercito, Marina e Aeronautica sono in servizio poco meno di 160mila militari. L’obiettivo è arrivare circa a 200mila. Nessuno pensa che Mosca ci possa invadere, ma il mondo che ruota intorno a noi presenta nuove esigenze. “L’invasione russa dell’Ucraina, il conflitto in Medio Oriente, la crisi in Siria, l’instabilità dei vicini Balcani e del continente africano sono avvenimenti che influenzano direttamente gli interessi dell’Italia e la sicurezza dei cittadini”.

Le crisi nel mondo: tutti i focali di instabilità

In Ucraina intanto si combattono tre tipi di conflitti: uno tradizionale di carri armati, artiglieria, trincee; uno tecnologico, di droni, missili ipersonici e attacchi cibernetici; e una guerra ibrida e di disinformazione, orientata a indebolire le opinioni pubbliche. “L’esercito oggi deve essere pianificato per più impieghi – spiega il generale Giorgio Battisti, analista, presidente della commissione militare del Comitato Atlantico e già comandante del corpo italiano di reazione rapida Nato – e l’ Europa prevede maggiore sicurezza. In Africa il Sahel è in mano al terrorismo islamico, la guerra convenzionale in Ucraina è realtà, le missioni di peacekeeping con l’Onu potrebbero aumentare”.

Sui possibili 40mila uomini in più sorge un dubbio: riservisti o altri professionisti? “Penso a un modello misto che l’Italia non ha mai praticato. Accanto ai professionisti servirebbe un sistema di riservisti operativi, ispirandosi alla Guardia nazionale americana e a Israele, che contempla uomini ancora giovani che abbiano già servito nelle Forze armate. E che in tempi rapidi siano richiamabili. Ovviamente – dice ancora Battisti – vanno previsti un sistema legislativo di tutela, retribuzioni adeguate e un welfare soddisfacente. Lo studio in corso da parte della Difesa dovrà anche valutare gli impieghi operativi, definire le specialità, gli equipaggiamenti e le strutture dove ospitare i militari, la logistica con il rafforzamento della sanità militare. Uno schema necessario che andrà a regime in 7-8 anni”.

Già, ma occorre volontà politica. Il consolidamento dell’esercito deve affrontare anche il nodo di nuovi poligoni. Gli attuali sono insufficienti, gravati da tempi e modi pieni di paletti. Per le esercitazioni di artiglieria e missilistica spesso gli addestramenti emigrano nel Golfo persico e nei Paesi Baltici, con costi altissimi.