Martedì 11 Marzo 2025
ANTONIO TROISE
Cronaca

Il business del riarmo, Leonardo spicca il volo e c’è chi si riconverte a produrre proiettili

Il gruppo guidato da Cingolani stima ordini per 118 miliardi fino al 2029. In Veneto la Faber comincia a produrre bossoli. Un’idea per l’automotive in crisi

Il business del riarmo, Leonardo spicca il volo e c’è chi si riconverte a produrre proiettili

Roma, 12 marzo 2025 – C’è l’azienda che si riconverte. Quella che riprende la produzione. E c’è anche chi parte da zero per lanciarsi nel nuovo business. Un fatto è certo: l’operazione riarmo lanciata dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, apre una nuova stagione per l’industria del settore.

A cominciare dai grandi player nazionali, come Leonardo, che ieri ha aggiornato il piano industriale approvato un anno fa incorporando un ritmo di crescita più consistente del giro di affari. I numeri sono eloquenti: il gruppo stima per il periodo 2025-2029 un incremento medio annuo degli ordini del 5,8% (+4% nel precedente piano 2024-28) e dei ricavi del 7% (contro +6%).

Questo ritmo di crescita porterà i ricavi al 2029 a 24 miliardi con ordini per 26,2 miliardi. Il totale cumulato dei ricavi nel periodo del piano è pari a 106 miliardi mentre gli ordini complessivi sono stimati a 118 miliardi.

Leonardo, ricavi 2024 salgono a 17,8 miliardi
Roberto Cingolani, amministratore delegato di Leonardo

Ma la strategia presentata ieri agli operatori dell’amministratore delegato del gruppo, Roberto Cingolani, guarda anche più avanti, fino a sfidare i colossi dello spazio. “Vogliamo lanciare una nuova costellazione di satelliti in orbita bassa che consiste in 18 satelliti militari finanziati principalmente dal Ministero della Difesa: 12 saranno di tipo standard e 6 a infrarossi. Il lancio è previsto tra il 2027 e il 2028. Il budget necessario sarà di 900 milioni, di cui 580 “già allocati dal ministero della Difesa“ spiega Cingolani. A questi satelliti si aggiungeranno anche “20 satelliti multisensore Eo Leo civil” “per essere usati nell’osservazione della terra, nella geolocalizzazione e nei servizi legati al monitoraggio. Saranno finanziati internamente con oltre 450 milioni in 3 anni. Previsti forti investimenti, poi, nel settore della digitalizzazione e razionalizzazione dei prodotti e servizi, accompagnati dalla ricerca di un partner nel settore delle aerostrutture.

Ma la spinta verso un’economia di guerra sta diventando sempre più evidente anche in altre aziende. Secondo il rapporto di Mediobanca, le prime cento aziende del settore hanno un fatturato che, considerando solo la parte militare, raggiunge i 20 miliardi di euro. Quasi la metà delle prime 20 aziende è sotto il controllo di capitale estero ed esporta moltissimo, circa il 68,2% di ciò che produce. Ovviamente a fare la parte del leone, oltre a Leonardo, ci sono Fincantieri, Ge Avio e Iveco.

Con questi numeri è naturale che ci siano imprese che abbiano deciso di riconvertirsi. È il caso della Faber di Castelfranco Veneto, che ha raccolto l’eredità della ex Simmel, per contrastare la crisi ha iniziato a produrre bossoli e ogive: le linee che prevedevano lavorazioni di ambito bellico, attive fino agli anni Novanta, in tempi recenti sono tornate parzialmente in funzione. In un futuro anche un’altra azienda che vive un momento critico, come la Berco – sempre nella Castellana – potrebbe sfruttare quelle macchine già presenti e riconvertirsi, così almeno auspicano le parti sindacali per tutelare i lavoratori. C’è, infine, il settore dell’automotive, in crisi profonda, che potrebbe alleggerire la situazione riconvertendosi nel settore della difesa. L’idea gira da qualche settimana nelle stanze di Palazzo Chigi e del Ministero delle Imprese. Per ora sono solo ipotesi. Ma con un budget che arriverà al 2% del Pil non è detto che non si traducano in realtà.