Roma, 31 maggio 2020 - Si riapre, dunque. Ma con regole diverse regione per regione. L’Istituto superiore di sanità raccomanda "cautela, specialmente nel momento in cui dovesse aumentare per frequenza ed entità il movimento di persone sul territorio nazionale". Intanto, ieri si è registrato il dato più basso di sempre sul fronte dell’epidemia; nessuna vittima in 11 regioni (nelle precedenti 24 ore), secondo i dati della Protezione civile (Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria e Sardegna). Un solo morto in più nelle Marche e in Sicilia. Pesa il dato della Lombardia, che ne fa registrare 67 su 111, oltre il 60% del totale, unica regione ad avere più di 10 vittime (sono 10 in Veneto). Dati che, ovviamente, sono frutto del lungo lockdown, ma che ora potrebbero tornare ballerini, anche in virtù delle regole non omogenee annunciate dalle regioni. Da qui l’interlocuzione continua del ministro, Francesco Boccia, con i governatori, nel tentativo di mediare evitando eventuali ordinanze restrittive, che il governo potrebbe poi essere costretto a impugnare.
Tra le ipotesi circolate per mitigare i rischi del ritorno alla mobilità totale nel Paese ci sono l’autodenuncia di chi proviene da regioni ancora ad alto contagio e la possibilità per chi li accoglie di metterli in quarantena, anche ridotta. La prima viene esclusa da fonti vicine a Boccia, mentre la quarantena potrebbe venire consentita in situazioni di emergenza locale. Vincenzo De Luca, governatore campano, frontman del no alla riapertura totale, avrebbe voluto "una limitazione della mobilità almeno per le province ancora interessate pesantemente dal contagio". "Adotteremo, senza isterie, controlli e test rapidi – promette – per prevenire per quanto possibile il sorgere di nuovi focolai epidemici". "Se ci sono situazioni di regioni dove ancora il livello di contagio è più alto – gli fa eco il toscano Enrico Rossi – tenerne conto non è sbagliato, serviva più prudenza con la Lombardia".
Cautela dal Lazio. "Ci sono troppe pressioni perché riparta il Nord, bisogna basarsi su evidenze scientifiche", spiega l’assessore alla Sanità, Alessio D’Amato. Una situazione che crea confusione, soprattutto per il sovrapporsi di ordinanze sulle regole da rispettare. In Veneto il governatore Luca Zaia ha stabilito che da giugno non sarà più obbligatorio indossare la mascherina per strada: "Se da lunedì vedremo delle persone che passeggeranno senza mascherina non saranno fuorilegge". A Milano Marittima, teatro della cronaca della scorsa estate con il Papeete beach, dalle 21 scatta il numero chiuso nei locali. Dal venerdì alla domenica (e nei festivi e prefestivi) si entrerà nei locali con la mascherina, un po’ alla volta e in base alla capienza. E a gestire il flusso saranno degli steward, che indicheranno ai giovani dove sedersi. A Pisa, nelle due piazze del centro – piazza delle Vettovaglie e piazza S. Omobono – entrerà solo chi ha prenotato un tavolo nei locali all’interno. A Pesaro l’ordinanza del primo cittadino impone dalle 18 mascherine obbligatorie nelle zone della movida.
Regola che un’ordinanza regionale impone in tutto il Piemonte se si sta in città e nelle aree commerciali: sono esentati solo i clienti seduti ai tavoli dei locali. Ad Arezzo in vigore l’obbligo di coprirsi naso e bocca anche se si sta da soli all’aperto. A Napoli il sindaco Luigi De Magistris ha differenziato gli orari di apertura di bar e locali in base alle zone in città, per diluire i raggruppamenti di persone. Mentre in Puglia il governatore, Michele Emiliano, ha anticipato che al posto dell’attuale quarantena per chi viene dal nord, ci sarà una "segnalazione di entrata in regione".
Regole in ordine sparso, dunque, con il ministro della Salute, Roberto Speranza, che ieri ha comunque chiarito che i dati saranno monitorati giorno dopo giorno anche dopo la riapertura e nei prossimi giorni potrebbe essere convocata una nuova video conferenza Stato-Regioni.