Domani gli elettori del Regno Unito sono chiamati alle urne per quella che i sondaggi da mesi descrivono come una vittoria a valanga dei laburisti, dopo 14 anni di governo dei Tories. Tanto che Rishi Sunak (nella foto), primo ministro da ottobre 2022 – ultimo dei 5 conservatori che si sono succeduti a Downing Street dall’approvazione della Brexit nel 2016 –, ha fatto una campagna elettorale principalmente tesa ad esortare a non dare al Labour di Keir Starmer "l’assegno in bianco" che riceverebbe da una super maggioranza alla Camera dei Comuni.
Ma la misura della portata della sconfitta a cui sembra ineluttabilmente andare incontro Sunak viene data dal fatto che gli ultimi sondaggi danno i conservatori non solo indietro di 20 punti rispetto ai laburisti – il 18% contro il 38% –, ma anche indietro, secondo alcuni rilevamenti, rispetto a Reform Uk, il nuovo volto, sempre populista e di estrema destra, del Brexit Party di Nigel Farage.
La ormai quasi certa vittoria del Labour Party di sir Starmer, 61 anni, certifica anche la svolta politica e ideologica degli stessi laburisti, dopo gli anni – elettoralmente fallimentari – del massimalismo di Jeremy Corbyn. Starmer ha infatti spostato nettamente l’orientamento, e la macchina, del partito al centro e affrontando in modo drastico anche il problema dell’antisemitismo.