Cesare
De Carlo
La storia d’Europa cambia con scadenze trentennali.
Trent’anni fa con il suicidio dell’Urss terminava la guerra
fredda. L’aveva vinta l’Occidente, vale a dire gli Stati Uniti. Era rimasto un solo sistema, il nostro. Unipolarismo anziché
bipolarismo e lo storico Francis Fukuyama scrisse che la storia era finita. Magari.
Andiamo indietro di altri trent’anni. Nel 1961 la Germania comunista costruisce il muro a Berlino. La guerra fredda diventa ancora più fredda e il bipolarismo fra le due superpotenze a Cuba rischia di precipitare nell’olocausto nucleare.
Il 2023 si annuncia come il primo di un nuovo ciclo storico. Nel senso che il mondo, prima bipolare, poi unipolare, poi multipolare con l’emergere della Cina e del fondamentalismo
islamico, si ripresenta bipolare. Speculazioni? No. Cronaca. L’ultimo fatto è di ieri, altamente simbolico. Il 2022 si chiude con il summit virtuale fra il russo Putin e il cinese Xi e con un documento in cui ci si impegna a "rafforzare la cooperazione militare". È la consacrazione dell’asse. Regan lo definiva "l’asse del male". E se vi aggiungiamo l’autocrazia iraniana e lo stalinismo nordcoreano, ritroviamo un mondo di nuovo spaccato in due: da una parte i cattivi, dall’altra i buoni o presunti tali.
Una volta i cattivi erano i sovietici. Oggi sono i regimi uniti non più dall’ideologia marxleninista, ma dall’odio per quei valori di libertà che per essere nostri non sono meno
universali. E se tutto questo è avvenuto lo dobbiamo a due eventi. Il più atroce è l’aggressione russa in Ucraina. Ha ricompattato la
Nato e l’Europa dietro il confuso Biden. L’altro è la pandemia cinese del 2020. Tutti e due forieri di rischi: l’escalation nucleare con la Russia e la contrapposizione
con la Cina. Ma, Taiwan a parte, c’è un altro sviluppo importante: il ridimensionamento della globalization alla cinese.