Roma, 29 settembre 2020 - Ci si è decisi troppo tardi a ordinare le dosi che servivano. E così, nonostate un aumento della produzone del 43% rispetto al 2019, il vaccino antinfluenzale ci sarà per 17.616.550 persone a rischio su 20.8 milioni, ma non per la popolazione generale per la quale in farmacia sarà disponibile, a pagamento, solo l’1,5% del totale prenotato: come dire, 250mila dosi a fronte delle 850mila normalmente richieste e delle 1,2 milioni attese in quest’anno di Covid-19.
Vaccinazione 2020: ecco quello che cè da sapere
Il problema della mancata copertura delle fasce non ad alto rischio si è creato perché, per far fronte all’emergenza Covid, quest’anno le Regioni hanno ordinato sì il 43% di dosi in più, ma praticamente tutte per le fasce a rischio. "Avere oltre 17 milioni dosi è rassicurante: il consistente aumento rispetto allo scorso anno risponde ampiamente al fabbisogno della popolazione" giurano all’Aifa. Ma in questo modo chi non fa parte delle categorie a rischio resta scoperto. Il problema era ben noto al ministero della Salute. "Avendo le industrie privilegiato la richiesta di vaccini del settore pubblico – è scritto in una lettera della Direzione generale della prevenzione sanitaria del dicastero alla conferenza delle Regioni dello scorso 12 settembre – si è verificata una carenza di vaccini sul mercato. Ciò rappresenta un rilevante problema. Per risolverlo è opportuno redistribuire un certo quantitativo di vaccini, variabile dal 3 al 10%, che andrebbero a rifornire le farmacie, garantendo la possibilità di acquisto da parte dei privati".
Ma le Regioni hanno deciso diversamente destinando alle farmacie solo l’1,5%, nonostante il pressing del ministero. Solo l’Emilia Romagna ha annunciato che eleverà la percentuale al 3%. Da notare la situazione non è omogenea: in sette regioni le scorte disponibili non consentiranno di garantire una copertura del 75% del target mentre in 12 regioni c’è un surplus che la fondazione Gimbe stima in 3 milioni dosi. "È mai possibile – osserva Venanzio Gizzi, presidente di Assofarma – che in Italia non si possa fare una programmazone unica?". "Le dosi per le farmacie – osserva Roberto Tobia di Federfarma, le farmacie private – sono assolutamente inadeguate, noi non troviamo vaccini sul mercato perché le quote di produzione nazionale sono finite tutte al pubblico. Adesso alcune Regioni pensano di stornare una parte delle loro dosi. Bene, ma la soluzione vera è importarle dall’estero".
"L’industria ha fatto di tutto per rispondere alla domanda – sottolinea il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi –, ma dal prossimo anno è fondamentale che la programmazione delle Regioni per l’approvvigionamento del vaccino sia fatta già da aprile, poichè i vaccini non possono prodursi da un giorno all’altro. Ci vogliono letteralmente sei mesi per produrli". "Noi – prosegue – abbiamo già fatto un grande sforzo aumentando del 43% la produzione. È stato possibile perché molte aziende, con senso di responsabilità, si erano mosse aumentando la produzione ben prima di ricevere le richieste". "Adesso per far fronte alla domanda della farmacie – prosegue – è aperto un tavolo all’Agenzia italiana del farmaco e si sta lavorando a tutte le possibili soluzioni affinchè il vaccino sia garantito non solo alle fasce protette ma anche al resto della popolazione. Tra le soluzioni c’è l’importazione dall’estero e l’aumento della quota che le Regioni lasciano alle farmacie. E sono convinto che una soluzione si troverà: ministero e Aifa stanno facendo di tutto".
E infatti. Mentre prosegue il pressing sulle Regioni, l’Aifa si è attivata sul mercato internazionale per trovare un milione di dosi in più per le farmacie.