Roma, 19 novembre 2019 - I cambiamenti climatici sono qui, adesso. Dal 2010 ad oggi, in Italia son stati registrati 563 gli eventi estremi, con 350 Comuni in cui sono avvenuti impatti rilevanti. Nel solo 2018, il nostro paese è stato colpito da 148 eventi estremi, che hanno causato direttamente 32 vittime e oltre 4.500 sfollati, un bilancio di molto superiore alla media calcolata negli ultimi cinque anni. Dal 2014 al 2018 le sole inondazioni hanno provocato in Italia la morte di 68 persone.
"Chiediamo al Governo di adottare quanto prima un piano di adattamento ai cambiamenti climatici, di riaprire una Struttura di missione governativa che se ne occupi" e di approvare "una legge che metta in sicurezza i nostri territori". È l'appello lanciato da Edoardo Zanchini, vice presidente di Legambiente a Roma a margine della presentazione de 'Il clima è già cambiato', Rapporto 2019 dell'Osservatorio di Legambiente CittàClima in collaborazione con il Gruppo Unipol, sull'impatto dei mutamenti climatici in Italia con al centro le Aree urbane. "Anche gli ultimi eventi che hanno caratterizzato il nostro Paese - aggiunge - da Matera a Pisa a Venezia fino all'Alto Adige ci dimostrano quanto sia urgente avere una nuova politica di adattamento al clima e fermare il dissesto idrogeologico".
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Clima, il piano di adattamento (che non c'è)
Nel 2014 è stata approvata la Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici e, per dargli attuazione, doveva essere approvato il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici. Dopo cinque anni siamo ancora in attesa. "Oggi il nostro Paese - sottolinea - ancora non ha un Piano di adattamento come tutti i Paesi europei che permette di definire le priorità di intervento, né ha una chiara politica rispetto a quello che possono fare i Comuni per mettere in sicurezza il territorio". "È necessario che il Governo approvi una legge che metta in sicurezza il territorio perché bisogna smetterla di costruire nelle aree a rischio", osserva Zanchini aggiungendo che vanno riqualificate "le nostre città con le aree urbane oggi a rischio sia d'inverno con le piogge sia d'estate con le ondate di calore". Sulla necessità della riapertura di una Struttura di missione governativa, Zanchini ribadisce: "È evidente che i ministeri non riescono a far fronte ad emergenze di queste dimensioni, possono far fronte all'ordinario ma è necessaria una struttura centrale che si occupi proprio di questo tema, di come programmare gli interventi e di come aiutare i Comuni".
Le ondate di calore
I dati sono lì a dimostrare che la minaccia è reale e attuale. Nelle nostre città la temperatura media è in continua crescita e a ritmi maggiori rispetto al resto del Paese. Secondo le elaborazioni dell’Osservatorio meteorologico Milano Duomo, è un fenomeno generale e rilevante che riguarda tutte le città con picchi a Milano con +1,5 gradi, a Bari (+1) e Bologna (+0,9) a fronte di una media nazionale delle aree urbane di +0,8 gradi centigradi nel periodo 2001-2018 rispetto alla media del periodo 1971-2000. Aumentano gli impatti del caldo in città, in particolare sono le ondate di calore il principale fattore di rischio con rilevanti conseguenze sulla salute delle persone. Uno studio epidemiologico realizzato su 21 città italiane ha evidenziato l’incremento percentuale della mortalità giornaliera associata alle ondate di calore con 23.880 morti tra il 2005 e il 2016, e mettono in evidenza impatti più rilevanti nella popolazione anziana e una riduzione negli ultimi anni attribuibile agli interventi di allerta attivati. Secondo una ricerca del progetto Copernicus european health su 9 città europee, nel periodo 2021-2050 vi sarà un incremento medio dei giorni di ondate di calore tra il 370 e il 400%, con un ulteriore aumento nel periodo 2050-2080 fino al 1100%. Questo porterà, ad esempio, Roma dagli attuali 2 giorni a 28 di ondate di calore in media all’anno. La conseguenza sul numero di decessi legati alle ondate di calore sarà molto rilevante: da una media di 18 si passerebbe a 47-85 al 2050 e a 135-388 al 2080.
Il problema dell'acqua
L’accesso all’acqua è un altro tema rilevante che, in una prospettiva di lunghi periodi di siccità, rischia di diventare sempre più difficile da garantire. La situazione nel nostro paese, già oggi, è complicata, in particolare al Sud, per quanto riguarda la qualità del servizio idrico e nel 2017, nei quattro principali bacini idrografici italiani (Po, Adige, Arno e Tevere) le portate medie annue hanno registrato una riduzione media complessiva del 39,6% rispetto alla media del trentennio 1981-2010. Preoccupante per le città italiane anche l’innalzamento del livello dei mari. Secondo le elaborazioni di Enea, sono 40 le aree a maggior rischio in Italia. A rischio sono anche città come Venezia, Trieste, Ravenna, la foce del Pescara, il golfo di Taranto, La Spezia, Cagliari, Oristano, Trapani, Marsala, Gioia Tauro.