Milano, 13 maggio 2023 – Dopo quarant’anni anche l’imbarazzo è solo un lontano ricordo. È stata una strage finora rimossa perché si compì in un cinema a luci rosse. Morirono in sei per l’unica colpa di essersi infilati in quella sala dove proiettavano film come quel giorno Lyla profumo di femmina, un po’ poco per una condanna a finire bruciati.
Dopo 40 anni però, finalmente il Comune di Milano ha deciso di ricordare ufficialmente la tragedia di viale Monza 101, e quelle sei vittime di un terrorismo di ispirazione neonazista che si firmava “Ludwig“. Così lunedì mattina - presenti l’assessore comunale al Welfare Lamberto Bertolè, i giornalisti Ferruccio De Bortoli, Mario Calabresi e Alessandra Coppola autrice di un podcast sulla vicenda - davanti al luogo dell’incendio, la più grave strage di civili a Milano dopo Piazza Fontana, verrà posto un “totem“ che, a chi vorrà ascoltare, racconterà questa storia come memoria delle vittime e "per non dimenticare gli effetti delle teorie della superiorità morale". Parteciperà anche Saverio Ferrari, autore del libro I nazisti di Ludwig e il rogo del cinema Eros.
Prima di trasformarsi nell’80 in Eros Sexy Center, quel cinema si chiamava Abc ed era una sala di periferia con un passato glorioso, come racconta Ferrari. Inaugurata nell’ottobre del ’49 era finita pure in una scena di Miracolo a Milano, il film diretto da Vittorio De Sica uscito nel ’51. Quando trent’anni dopo andò a fuoco, lì vicino c’era già la fermata del metrò Rovereto e accanto all’ingresso del cinema c’erano un bar, sede di un Inter club, e una panetteria.
Quel 14 maggio 1983 erano una trentina gli spettatori in sala. Almeno due di loro, però, non erano lì per vedere il film ed entrarono in azione alle 17.40 all’inizio del secondo tempo. Il locale prese fuoco a partire dalle ultime file e dalle pesanti tende in velluto che delimitavano le porte. Nel giro di un minuto la sala si trasformò in un rogo e le persone cercarono scampo attraverso le uscite, già intossicate dal fumo o con i vestiti in fiamme. Un vero e proprio inferno.
Tutti gli spettatori riuscirono a rifugiarsi all’esterno, ma cinque di loro, tutti tra i 25 e i 37 anni, morirono nel giro di alcune ore. La sesta vittima, il medico 46enne Livio Ceresoli che passava per strada e si era precipitato a prestare soccorso, perse la vita per il suo gesto di generosità. Dopo una decina di giorni l’agenzia Ansa ricevette un volantino che rivendicava l’attentato: "Una squadra della morte ha giustiziato uomini senza onore, irrispettosi della legge di Ludwig".
La sigla si era già attribuita diversi omicidi compiuti negli anni precedenti: tra il ’77 e il ’79 un nomade bruciato in un’automobile a Verona, un omosessuale massacrato a coltellate a Padova e, con identiche modalità, un tossicodipendente a Venezia. E allo stesso modo erano stati firmati anche l’assassinio di una prostituta a colpi di ascia e martello a Vicenza nel dicembre ’80, quello di un giovane nel rogo di un ricovero per sbandati a Verona nell’81, l’omicidio a martellate di due frati nel Vicentino nell’82 e di un terzo frate a Trento, nell’83, con un punteruolo conficcato alla base del collo su cui era stato applicato un crocefisso.
La carriera criminale di “Ludwig“ finì l’anno dopo la strage dell’ Eros, quando due giovani vennero bloccati mentre tentavano di dar fuoco a una discoteca nel Mantovano. Si chiamavano Marco Furlan, 24 anni, veronese, studente in Fisica, figlio di un primario ospedaliero, e Wolfgang Abel, 25 anni, laureato in matematica, nato a Monaco di Baviera e trasferitosi in Italia da bambino, figlio di un dirigente assicurativo.
"La firma “Ludwig“ nasceva dall’ideologia esoterica e magica dei neonazisti di Ordine nuovo, che intendeva purificare il mondo da tutto ciò che “inquinava” la purezza della razza" scrisse proprio sul Giorno ricordando l’episodio il giudice Guido Salvini. E il libro di Ferrari ripercorre la vicenda fino alla condanna definitiva dei due assassini a 27 anni di carcere per un totale di dieci omicidi. Dal volume e da testimonianze agli atti dell’inchiesta giudiziaria aperta a Brescia per la strage di piazza della Loggia del ’74 ad opera dai neonazisti di Ordine nuovo del Veneto, sono emerse connessioni tra “Ludwig“ e l’allora giovanissimo ordinovista Marco Toffaloni, ora in attesa di giudizio davanti al tribunale dei minori perché all’epoca della bomba aveva appena 17 anni.
Tornando a Milano e al cinema Eros, riaprì nel 1993 con nuovo nome e gestione, fino all’ultima proiezione hard del 2008. Ora lì c’è una sede della Chiesa universale del Regno di Dio fondata dal brasiliano Edir Macedo, che invita chi vuol essere liberato dall’omosessualità a posare le proprie mani sul televisore quando in video c’è lui. In qualche modo, tutto si tiene...