Sabato 21 Dicembre 2024
ANNA GIORGI
Cronaca

Ragazzi morti asfissiati. Emporio cinese bruciato, conti bancari al setaccio. Spunta l’ombra dei debiti

Gli inquirenti vogliono far luce sulle minacce ricevute dai genitori del titolare. Un nordafricano li aveva minacciati: "Datemi 20mila euro o vi ammazzo". Caccia all’uomo attraverso le telecamere e l’analisi delle celle telefoniche.

I carabinieri e i vigili del fuoco, giovedì notte, davanti al capannone bruciato

I carabinieri e i vigili del fuoco, giovedì notte, davanti al capannone bruciato

e Nicola Palma

Quattro episodi troppo ravvicinati nel tempo per non alimentare i sospetti su una diretta connessione e per non inquadrare i frame in un’unica sequenza dal finale tragico. Prima le minacce con coltello in pugno al quarantanovenne L. Y. nella notte tra mercoledì e giovedì: "Dammi 20mila euro o vi ammazzo", la frase in sintesi che la vittima si è sentita ripetere dall’applicazione vocale usata dallo sconosciuto per tradurre il messaggio in lingua mandarina. Poi la stessa richiesta di soldi rivolta alla moglie quarantottenne Z. H. la mattina dopo, seguita in serata dalla denuncia per tentata estorsione aggravata contro ignoti ai carabinieri della stazione Duomo. E infine l’incendio dello showroom intestato al figlio della coppia, il ventiseienne L. J., costato la vita ai fratelli Liu Yinjie e Dong Yindan di 17 e 18 anni, e al designer ventiquattrenne Pan An.

In attesa di avere certezze dai vigili del fuoco sulla pista dolosa del rogo divampato alle 23 di giovedì nell’ex capannone di via Cantoni 3, a due passi dalla stazione ferroviaria Certosa di Milano, i carabinieri del Nucleo investigativo stanno cercando di dare un nome e un volto all’uomo, descritto come nordafricano, che in due momenti diversi ha fermato per strada i coniugi per intimare loro di consegnare una somma ben precisa. Di sicuro, ritiene chi indaga, quella persona non ha colpito a caso, visto che era perfettamente a conoscenza sia del luogo di residenza di L. Y. sia dell’indirizzo dello spazio espositivo di mobili da arredamento inaugurato a maggio. Tradotto: sapeva chi cercare e dove cercare.

Fatta questa premessa, bisogna capire perché il nordafricano abbia preso di mira proprio loro: si è mosso per conto terzi per recuperare un debito? O dietro ci sono altre questioni economiche non ancora emerse? Interrogativi a cui dovrebbero rispondere gli accertamenti bancari, anche se non risulta che in passato la famiglia finita nel mirino del presunto estorsore sia stata coinvolta in vicende poco chiare. Sul fronte d’inchiesta che si sta concentrando sull’identificazione del nordafricano, gli inquirenti coordinati dal procuratore capo Marcello Viola partiranno dall’analisi delle celle telefoniche e delle immagini delle telecamere.

A proposito di filmati, quelli degli occhi elettronici installati in via Cantoni hanno registrato nella serata di giovedì il passaggio di diverse persone davanti allo showroom, fino a una ventina di minuti prima che divampassero le fiamme. Poi più nulla. Questo particolare potrebbe aprire la strada all’ipotesi di un innesco "ritardato", che avrebbe fatto sviluppare il fuoco lentamente e senza che i tre ragazzi (che erano dentro dalle 21.30) se ne accorgessero. I danni ingenti alla facciata e ai primi cinque-sei metri, coperti dalle macerie dei soppalchi collassati, fanno pensare che l’incendio si sia originato proprio in quel punto, internamente. Il che, però, presuppone che qualcuno (che quasi sicuramente era convinto che non ci fosse nessuno nei locali a quell’ora) abbia gettato qualcosa dal marciapiedi dopo aver rotto una delle finestre.

In parallelo agli accertamenti sulle minacce e sulle cause del rogo, andranno avanti pure le verifiche sulla struttura, a cominciare dall’assenza di un’uscita di emergenza che avrebbe potuto salvare la vita a Pan, Liu e Dong.