Mercoledì 25 Dicembre 2024
ALESSANDRO FARRUGGIA
Cronaca

La mappa del radicalismo islamico. "Tanti lupi solitari nei Paesi del Nord". L’analista: l’Italia li espelle subito

Il professor Vidino (George Washington University): è più facile scovare le cellule che il jihadista da tastiera "Il nostro Paese ha il bagaglio culturale della lotta alla mafia, ma non dobbiamo sottovalutare i rischi"

Roma, 18 ottobre 2023 – Professor Lorenzo Vidino, direttore del programma sull’estremismo della George Washington University, ci risiamo con attentati fatti da lupi solitari radicalizzati, o dietro ci sono delle cellule?

"Al momento in Francia come in Belgio pare più una dinamica di soggetti radicalizzati noti all’intelligence che fanno parte di una comunità online di condivisione ideale del jihadismo e che si sono auto-attivati passando all’azione".

Dal 2015 Lorenzo Vidino è direttore del programma sull’estremismo della George Washington University
Dal 2015 Lorenzo Vidino è direttore del programma sull’estremismo della George Washington University

E le cellule strutturate?

"Ci sono, ma è più facile intercettare un gruppo strutturato che ha più soggetti e comunica con l’esterno. E infatti in questi anni di cellule serie ne hanno sgominate parecchie. Più difficile è intercettare il jihadista da tastiera che decide di passare all’azione. E visto che sono molti di più, è impossibile, specie in Francia, Belgio, Gran Bretagna, monitorarli tutti H24".

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È corretto dire che per quanto riguarda Bruxelles l’attivazione avviene per Gaza e la scelta dell’obiettivo svedese è legata alla vicenda delle copie del Corano bruciate in quel Paese?

"Direi di si. Nella narrativa islamista radicale tutti questi episodi fanno parte di un grande complotto antislamico. Tutte le occasioni sono buone per gridare al sacrilegio e spingere alla presunta difesa dell’Islam con atti terroristici, scegliendo autonomamente gli obiettivi da colpire".

A causa della guerra a Gaza c’è un aumentato rischio di radicalizzazione, come dice il ministro Piantedosi?

"Certamente. Gli islamisti radicali si nutrono di crisi, che dal loro punto di vista dimostrano la bontà della loro tesi. Quasiasi crisi è per loro una opportunità da cogliere".

Quali sono gli “hot spot “ europei della radicalizzazione islamista?

"Il fenomeno è più rilevante nel centro e nel nord Europa. Negli ultimi dieci anni direi che sicuramente Francia e Belgio sono in prima fascia. Poi, subito dopo, Gran Bretagna e Germania, quindi Danimarca, Svezia, Norvegia e Olanda. In terza fascia direi la Spagna, seguita subito dopo da Italia, Austria, Finlandia. Meno toccati l’Est Europa, Grecia, Portogallo".

L’attentatore di Bruxelles era stato in Italia. Quale è la geografia del fondamentalismo nel nostro Paese?

"Il nord Italia soffre il fenomeno della radicalizzazione molto più del resto del Paese. L’area più calda è Milano con il suo hinterland. Non a caso ci sono stati arresti anche oggi (ieri, ndr). Poi, per gli standard italiani, Genova e anche la Liguria hanno una storia di presenze anche importanti di jihadismo. E Torino direi che è ai livelli di Genova. Molto meno invece Bologna. In Veneto ci sono casi, ma soprattutto di radicalizzati che vengono dai Balcani. Curiosamente, grandi città come Roma e Napoli non hanno una presenza di radicalismo significativa".

Come mai in Italia il fenomeno è meno estremo?

"Per due ragioni. La prima è che che l’antiterrorismo fa un ottimo lavoro, per una serie di motivi che vengono dal bagaglio culturale della lotta alla mafia e al terrorismo e dal fatto che abbiamo strumenti giuridici efficaci come l’espulsione per motivi di sicurezza nazionale, che nel resto d’Europa non c’è. In Italia un soggetto come l’attentatore di Bruxelles sarebbe stato già espulso: in 12 ore lo avrebbero rimandato in Tunisia. Ogni anno l’antiterrorismo lo fa con 120-150 soggetti. Sono numeri enormi. In questo modo asciughi un bacino di soggetti che sono notoriamente radicalizzati e potrebbero potenzialmente passare all’azione".

E il secondo fattore?

"I numeri. Le dinamiche di radicalizzazione in Europa mostrano che il fenomeno si presenta soprattutto nelle seconde se non terze generazioni. In Italia, fino a 10 anni fa, quando c’è stato il boom in Europa, non c’era una massa critica sufficiente. Adesso un pò di più. E quindi occorre tener gli occhi aperti. Non che ci siano automatismi con quanto visto in Europa, ma sarebbe stupido pensare che da noi non possa accadere".

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