È provincia ma non sembra. Per chi vi è nato, Bergamo è un mondo intero. Qui si fanno soldi, da sempre, da quando c’era Venezia e anche prima, ma non solo per fare soldi. Qui ci sono anche le librerie o il teatro Donizetti e l’Accademia Carrara: due istituzioni culturali del Paese, non della Lombardia. C’è l’Istituto Mario Negri, che ha scritto alcune delle pagine più importanti della ricerca medica in Italia, un’università con otto dipartimenti, un ospedale, Il Papa Giovanni XXIII (già, Roncalli, bergamasco pure lui) che è un’eccellenza riconosciuta. Ma poi ci sono anche le Orobie, dove una campionessa come Sofia Goggia ha imparato a stare sugli sci, e il verde, tantissimo e bellissimo, i tramonti visti dall’alto verso la piana brumosa, le cime innevate, le valli, la pace del silenzio. In fondo Milano, la metropoli, un po’ antagonista è sotto sotto la grande alleata: sta a un’ora di macchina dal capoluogo, altrettanto di treno. In mezzo la Città infinita di bonomiana memoria dove sorgono imprese, a migliaia, e trova posto la fatica ma anche il benessere, tanto, visibile ma non esibito. E poi c’è l’orgoglio, forte, radicato, questo sì addirittura ostentato. Di certo custodito. E l’Atalanta, che da un po’ di stagioni fa sognare anche in Europa: qui è religione, non a caso il nome è preso in prestito da una dea e lo storico capo ultrà presta il volto al Cristo nell’affresco della chiesa di San Giovanni XXIII. Basta poi scorrere i nomi delle personalità che vi abitano, o che vi lavorano, per capire che la classifica del Sole 24 Ore che ha incoronato Bergamo regina per qualità della vita in Italia è in ritardo.
Il primo a non stupirsi, con quel sano orgoglio orobico che gli scorre nel sangue, è Giuseppe Remuzzi, uno dei migliori ricercatori italiani, alla guida del Mario Negri dal 2018: "Non mi stupisco in primis perché Bergamo è bellissima. Case stupende, non ce ne è una brutta, tramonti mozzafiato. E poi vi si respira un’attività culturale di prim’ordine. Qui ha sede un ospedale, che dagli anni ’60 è diventato grande grazie a un’idea semplice ma innovativa: attrarre i migliori primari da tutto il mondo, dal Texas a Trieste. È per questo che l’ospedale di Bergamo non è quello di Novara o di Mantova: quando lo dico si offendono, ma è così. Poi, è brutto che lo debba dire io, ma c’è il Mario Negri, che ha attirato e attira in città persone che non sapevano nemmeno dove fosse Bergamo. E poi l’Atalanta, la cultura d’impresa... La nostra forza? Lavorare tanto e parlare poco".
"A Bergamo abbiamo tutto, per me è il top" dice la sciatrice Sofia Goggia. Anche a Nando Pagnoncelli, uno che di numeri se ne intende, quel primo posto torna eccome: "Questo è il risultato del cambiamento che ha vissuto il nostro territorio negli ultimi 10 anni. Protagonisti sono stati i cittadini che fino a qualche anno fa mostravano qualche resistenza ai processi di cambiamento ma ora non più. E poi una concomitanza di fattori di dati oggettivi che incrociano aspetti economico-sociali e, perché no, anche sportivi. Il Covid? Certamente la voglia di riscatto ha inciso ma anche tratti identitari forti della ’bergamaschità’: il rimboccarsi le maniche, la laboriosità". Antonio Percassi, presidente del Gruppo Percassi e dell’Atalanta, si dice "entusiasta" del risultato. "L’amministrazione comunale ha saputo migliorare tantissimo la città, dopo il periodo buio del Covid, che ha unito ancora di più la cittadinanza. L’Atalanta è molto amata dai nostri concittadini e siamo fieri di aver raggiunto questi risultati, prima inimmaginabili", spiega. Orgoglioso anche lui.
Andrea Fabris, dg della Dea, vicentino adottato dalle Orobie, la pensa allo stesso modo: "È una città molto viva, con imprenditori aperti all’innovazione e all’avanguardia, ma anche vicini alla città. Come sono i bergamaschi? Hanno competenza, dedizione al lavoro, e umiltà". E se parli di Comune non puoi non pensare a Giorgio Gori, sindaco per dieci anni, oggi europarlamentare: "Ho ricevuto molti messaggi da tanti concittadini che mi hanno ringraziato del lavoro fatto, ma io non mi prenderei eccessivi meriti: il risultato è della comunità bergamasca, in cui la pandemia ha prodotto una reazione partendo dai propri fondamentali, etica del lavoro e forte senso della comunità. Molti risultati vengono da lì. Il fatto poi che il podio sia condiviso con Trento e Bolzano ci dice qualcosa: forse che oggi si vive meglio nelle città di medie dimensioni".
La ricetta? Anche per la sindaca, Elena Carnevali, è il fatto che dopo il Covid "il territorio abbia saputo reagire con coraggio".