Roma, 29 agosto 2020 - Claudio Mencacci, 67 anni, medico psichiatra, presidente della Società Italiana di Neuropsicofarmacologia e past president della Società Italiana di Psichiatria. Qual è la sintesi dopo 40 anni dalla morte di Basaglia? “La salute mentale ha necessità assoluta di avere un riconoscimento per poter essere finanziata. La dobbiamo preservare come facciamo con quella fisica”. Il ragionamento approda alle risorse insufficienti? “Quello è il punto. Nei servizi psichiatrici sul territorio gli investimenti sono assolutamente inadeguati. Stiamo parlando di stanziamenti che sono enormemente sotto qualunque altro Paese europeo civile”. Ogni Regione fa storia a sé. “In Trentino e Friuli i finanziamenti superano il 5% stabilito per legge; bene anche Emilia Romagna e Lombardia. Ma in Sardegna o Calabria siamo a poco più del 2%”. Come va attorno a noi? “Il rapporto finanziario medio in Europa, penso a Francia, Spagna, Germania, si aggira attorno al 10% e oltre. Questa è la prima considerazione: i servizi psichiatrici non vengono supportati adeguatamente, nella trasformazione della società”. Che ha cancellato le immagini orribili dei manicomi. “Quelle persone spettrali esistono solo nei film. Oggi abbiamo una salute mentale diffusa. Sono aumentati enormemente i disturbi depressivi e bipolari, ossessivo-compulsivi, da uso di sostanze, quelli gravi della personalità. Sono rimasti pressoché stabili o sono diminuiti quelli psicofrenici che erano i più rappresentati nel passato”. Dobbiamo stare al passo del cambiamento. “Il nostro sistema di salute mentale dev’essere in grado di modificarsi perché cambiano contesto sociale, patologie, ambiente. Il ricordo di Basaglia è questo: rendere le cose dinamiche, in continuo adattamento alle necessità”. Le famiglie sono abbandonate? “No, la sintesi non è corretta. C’è uno scacchiere. Ripeto, la situazione è diversa a seconda delle aree geografiche. Ci sono ottimi servizi in Emilia Romagna e Toscana, buoni in Lombardia. Dobbiamo considerare che ogni regione ha fatto da sé. Ci sono quelle che hanno investito di più, che hanno avuto maggiore sensibilità”. Eppure i familiari lamentano dei vuoti nei servizi, anche nei territori più virtuosi. “Ma la struttura dei caregiver si è enormemente potenziata e questo è un bene. Le famiglie sono diventate associazioni. Sono in grado anche di organizzare servizi, dando un supporto molto concreto. Lamenti e rivendicazioni hanno avuto il loro significato. Ma adesso è un’altra storia”.