Roma, 9 novembre 2018 - Virginia Raggi dovrà dimettersi se sarà condannata nel processo che la vede imputata per falso in relazione alla nomina di Renato Marra (fratello di Raffaele) a capo della direzione turismo. Il vicepremier e capo politico del M5s, Luigi Di Maio, non lascia spazio a un'alternativa. "Il nostro codice di comportamento parla chiaro e lo conoscete", ha detto rispondendo oggi ai giornalisti. La sentenza del processo è attesa per domani e la procura di Roma ha chiesto una condanna a 10 mesi per la sindaca.
L'ACCUSA - Secondo la Procura sarebbe proprio il codice etico del Movimento il motivo per cui la Raggi "mentì alla responsabile dell'Anticorruzione del Campidoglio nel dicembre del 2016". Se avesse detto che la nomina di Renato Marra era stata gestita dal fratello Raffaele, sarebbe incorsa in un'inchiesta e "in base al codice etico allora vigente negli M5S, avrebbe dovuto dimettersi", ha infatti sostenuto il procuratore aggiunto Paolo Ielo che ha chiesto al giudice Roberto Ranazzi di acquisire agli atti del processo proprio quel 'Codice Etico' che i grillini poi modificarono nel gennaio del 2017.
"Se la sindaca avesse detto la verità e avesse riconosciuto il ruolo di Raffaele Marra nella scelta del fratello, l'apertura di un procedimento penale a suo carico sarebbe stata assai probabile - ha detto il pm -. Lei era consapevole che in casi di iscrizione a modello 21 (ovvero come indagata in un fascicolo penale ndr) rischiava il posto. E' questo il movente della sua bugia", ha detto il pm. Secondo la procura Raffaele "Marra ci ha messo la manina" nella nomina del fratello, "ma la sindaca sapeva". Nella requisitoria finale Ielo e il sostituto Francesco Dall'Olio hanno spiegato che Marra "non era come gli altri 25 mila dipendenti comunali: andava protetto perché era 'uomo-macchina' e fondamentale per la nuova amministrazione perché ne conosce tutte le difficoltà. Andava protetto - hanno aggiunto i rappresentanti dell'accusa - anche perché era a conoscenza di tutto e senza di lui non si poteva andare avanti".
RAGGI IN AULA - "Nella prassi esplicativa (del codice etico, ndr) l'espulsione non fu mai applicata", ha però replicato oggi la stessa Raggi, presente in aula per rendere dichiarazioni spontanee. "Solo in un caso, quello del sindaco di Parma Federico Pizzarotti, si arrivò alla sospensione perchè questi non aveva comunicato la sua iscrizione nel registro degli indagati. Se fosse stato come sostiene il pm non mi sarebbe stata consentita nemmeno la candidatura. Anche io durante la campagna elettorale ero indagata per un'inchiesta sulla Asl di Civitavecchia, poi archiviata. La prassi del codice etico era diversa", ha detto la prima cittadina.
E ancora: "La deposizione di Carla Raineri a tratti mi è sembrata surreale - ha proseguito - In questo processo si parla di un mio presunto falso e per quatto ore abbiamo ascoltato parole simili a gossip. Non ho mai risposto alle interviste rilasciate, a volte mordendomi la lingua, per le cose palesemente false affermate", ha aggiunto.
La sindaca ha preso la parola dopo la lunga audizione dell'ex capo di gabinetto del Comune. "Non conoscevo la dottoressa Raineri e mi era sembrata una persona molto preparata - ha aggiunto - per me era una opportunità avere un magistrato di primaria importanza come capo di Gabinetto. Anche se trovai subito strano il fatto che quando ci hanno presentate disse: non ti preoccupare starò qui al massimo 1 anno, 1 anno e mezzo".
"Ricordo che quando, alla fine di agosto del 2016, arrivò il parere dell'Anac sul tipo di inquadramento contrattuale di Carla Raineri mi disse: io non sono venuta da Milano per prendere 130 mila euro", ha proseguito ancora Virginia Raggi. Secondo la prima cittadina della Capitale l'ex capo di gabinetto "ne faceva una questione di soldi, unicamente di soldi". "Già il 2 settembre la Raineri ha iniziato a scrivere al Comune di Roma per chiedere di rinunciare agli emolumenti percepiti dall'entrata in carica fino alle dimissioni. Aveva questa urgenza di restituire il compenso, a cui aveva pienamente diritto", ha concluso.
LINEA DURA - Da quanto si apprende, il M5S terrà la linea dura se il verdetto per la sindaca di Roma dovesse essere la condanna in primo grado. Dunque dimissioni subito, e, in caso di mancato passo indietro, 'cartellino rosso'. I vertici del M5S non si sbilanciano ufficialmente sul destino di Virginia Raggi, ma la strada in caso di condanna sembra già tracciata. "Per il M5S sarebbe inevitabile il ritorno alle urne", spiega all'Adnkronos una fonte governativa grillina. Insomma, condanna uguale via dal Campidoglio. A quel punto starebbe solo alla sindaca e alla sua maggioranza decidere se andare avanti senza la bandiera del Movimento, 'traslocando' al gruppo misto. Sempre che riesca a mantenere i numeri per non far cadere la giunta.