di Claudia Marin
ROMA
L’inflazione torna a mordere: più 2,6 per cento a settembre, il massimo dal 2012. Non accadeva da un decennio. Ma se i prezzi, trascinati verso l’alto dall’impennata dei costi delle materie prime e dell’energia, oltre che dalla ripresa economica post-pandemia, si fanno sentire sull’aumento dei beni di consumo, delle bollette e dei servizi per un ammontare che l’Unione nazionale consumatori (Unc) stima in 959 euro a famiglia, non altrettanto può dirsi dei salari. Anzi, negli anni pre-Coronavirus si è registrata una perdita del potere d’acquisto medio rilevante, che supera i mille euro l’anno nel solo periodo 2010-2017. E che, tra 2020 e 2021, per effetto del massiccio ricorso alla cassa integrazione, ha visto le retribuzioni ulteriormente falcidiate di almeno altri 500 euro mensili in media, più di 6 mila euro l’anno.
Prezzi folli, vola il conto della spesa. Sulle tavole il salasso è servito
Il punto è che dal 2012 in avanti l’inflazione è andata diminuendo fino al pavimento dello zero, con la conseguenza che gli stipendi e le pensioni non sono stati aumentati nella dinamica di adeguamento al costo della vita. Ora, però, lo scenario appare destinato a cambiare, ma non è detto che i salari possano recuperare rapidamente il terreno che si sta perdendo in questi mesi. La crescita acquisita dei prezzi per l’anno è dell’1,7%. In Germania va peggio: il tasso d’inflazione, sempre su base annua, schizza al 4,1%, segnando i massimi da circa trent’anni, superando anche le attese degli analisti che scommettevano su un 4%. Accelerazione dell’inflazione anche in Francia dove il tasso a settembre sale al 2,1% dall’1,9% di agosto. In tutta Europa, dunque, l’indice dei prezzi al consumo, armonizzato Ue, risente soprattutto dei prezzi energetici, più cari del 14% rispetto all’anno scorso "quando le restrizioni dovute al Coronavirus hanno frenato domanda e prezzi", spiegano gli analisti. E per oggi sono attesi i dati sull’inflazione nell’eurozona. Gli economisti prevedono un’accelerazione al 3,3%, dato che farebbe registrare il livello più alto da 13 anni a questa parte.
Da noi, nello specifico, l’ambito di consumo che registra l’aumento di prezzi più consistente è quello dell’abitazione, acqua, elettricità e combustibili con una crescita del 9,7% tendenziale a settembre (era 9,6% ad agosto) e un aumento dei prezzi acquisito per l’anno del 5,2%. I trasporti segnano una crescita tendenziale dei prezzi del 7% (era del 5,3% ad agosto) e un aumento acquisito per l’anno del 4,4%. A trainare l’inflazione sono, però, i beni energetici con un +20,2% a settembre tendenziale a loro volta spinti dalla crescita dei prezzi dei beni regolamentati (+34,3% a fronte del +34,4% di agosto). Per la benzina si registra un aumento tendenziale del 18,4% (dal 17,6% di agosto). In senso opposto si muovono i prezzi dell’istruzione l’istruzione (-3,8%) con un -2,7% acquisito per l’anno e delle comunicazioni (-1,1%) con un -2,2% acquisito per l’anno.
Il punto-chiave, come accennato, è che gli stipendi in Italia hanno perso potere d’acquisto anche negli anni di inflazione zero. Tra lavoro "povero" o "impoverito", "working poor", part-time involontario, occupati sottopagati, stagisti, contrattisti a termine e partite Iva finte, le retribuzioni hanno visto un calo costante che ha finito per toccare anche gli assunti stabili. Gli analisti della Fondazione Di Vittorio, think tank della Cgil, hanno calcolato che i salari hanno perso mille euro di potere d’acquisto negli ultimi sette anni. Mentre all’estero, in particolare in Germania e Francia, sono saliti di 3 mila e 2 mila euro circa l’anno. Non bastasse, tra 2020 e 2021 la perdita mensile in busta paga dei lavoratori in cassa integrazione ha sfiorato i 500 euro. Ma il danno non è uguale per tutti. Più sale lo stipendio del lavoratore, maggiore è il taglio retributivo. E così si va da una decurtazione media del 25% per le professioni non qualificate a una del 45% per professioni scientifiche e di elevata specializzazione.