Sabato 31 Agosto 2024
ANDREA GIANNI
Cronaca

Preso il killer della barista. È l’uomo che fuggì in bici: "Dovevo uccidere qualcuno". La pm: vittima scelta a caso

Il 31enne scovato grazie a due testimoni. Trovato il coltello, in casa una sagoma umana come bersaglio. Quella sera aveva quattro pugnali: contestata la premeditazione. Prima di Sharon minacciò due ragazzini.

Moussa Sangare, il killer reo confesso di Sharon Verzeni, nel videoclip della canzone "Scusa" di Izi

Moussa Sangare, il killer reo confesso di Sharon Verzeni, nel videoclip della canzone "Scusa" di Izi

Nell’appartamento dove Moussa Sangare trascorreva la sua esistenza allo sbando i carabinieri hanno trovato una sagoma con sembianze umane, usata come bersaglio per allenarsi col coltello. Nel decreto di fermo, disposto dalla procuratrice di Bergamo, Maria Cristina Rota, e dal pm Emanuele Marchisio, viene evidenziato il pericolo di fuga e di reiterazione del reato: il 31enne che ha confessato di aver ucciso Sharon Verzeni avrebbe potuto colpire ancora. Viene contestata la premeditazione (oltre all’aggravante dei futili motivi) perché è uscito di casa "portando con sé 4 coltelli", con l’obiettivo di uccidere. "Ho sentito l’impulso di accoltellare qualcuno – ha spiegato ai carabinieri –. Non l’avevo mai vista prima, ho avuto un raptus e l’ho colpita senza un motivo particolare. Mi dispiace per quello che ho fatto". Le indagini che hanno portato al fermo dell’uomo sono partite da "meno di un’ombra", la sagoma di una persona in bici ripresa nei pressi di via Castegnate, a Terno d’Isola, dove un mese fa la barista di 33 anni uscita di casa per una passeggiata è stata uccisa con 4 coltellate, la prima al petto e le altre tre alla schiena.

I carabinieri di Bergamo, guidati dal comandante del Reparto operativo, Riccardo Ponzone, hanno ascoltato centinaia di testimoni e hanno analizzato le riprese di circa 80 telecamere a Terno e nei paesi attorno, 15 terabyte di dati al setaccio. Le testimonianze di due uomini originari del Marocco, le uniche persone presenti quella sera nel luogo del delitto che si sono presentate spontaneamente ai carabinieri, si sono rivelate decisive. Hanno fornito una descrizione di quell’uomo, che non conoscevano e che avevano visto sfrecciare in bici. Un sommario identikit nelle mani degli investigatori, che analizzando le telecamere sono riusciti a tracciare la sua fuga verso Chignolo d’Isola, lo stesso paese dove il 26 febbraio 2011 fu scoperto il cadavere di Yara Gambirasio. Dalle immagini si è arrivati al nome di un sospetto, Moussa Sangare, nato in Italia da una famiglia originaria del Mali. Un 31enne senza un lavoro fisso, che sognava di sfondare con la musica ma la cui vita era uscita da tempo dai binari. Le liti con madre e sorella, che una volta aveva anche minacciato col coltello. Era stato denunciato e indagato a piede libero per maltrattamenti. Tempo fa avrebbe anche cercato di dare fuoco alla casa. Non era seguito da uno psichiatra, nessuno aveva colto i segnali di una violenza che è esplosa.

Sangare è stato individuato a Medolago la notte tra mercoledì e giovedì e anche alla luce della sua "manifesta instabilità", come emerge da un’informativa del Ros, avvicinato e accompagnato in caserma per essere ascoltato. "Quella sera non ero a Terno", ha spiegato. Poi, messo di fronte alle contraddizioni del racconto e al riconoscimento dei testimoni, è crollato ed è scoppiato in lacrime: "L’ho uccisa io". Ha confessato, con lucidità, la sequenza di quella notte, terminata con l’assassinio di una donna scelta "a caso" che, come ha evidenziato la procuratrice Rota, "si è trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato". Non sembra emergere un coinvolgimento in due delitti irrisolti nella Bergamasca (i femminicidi di Gianna Del Gaudio e Daniela Roveri) ma, per fugare ogni dubbio, la procura disporrà la comparazione del Dna.

Quella notte Sangare ha preso quattro coltelli dal ceppo nella cucina di casa e, in bici, ha raggiunto Terno, a 5 chilometri di distanza, dove le telecamere lo riprendono alle 00.37. In paese minaccia due ragazzini, non ancora identificati. Poi incrocia Sharon Verzeni, fa inversione di rotta e la segue in via Castegnate. Dieci minuti prima dell’una la accoltella al civico 32, poi la fuga. Si è liberato dell’arma del delitto seppellendola nei pressi del fiume Adda a Medolago, e ha gettato nel corso d’acqua un sacchetto con i vestiti e gli altri tre coltelli, recuperato dai sommozzatori. "È verosimile che ci sia una problematica psichiatrica", spiega il suo difensore, l’avvocato Giacomo Maj. Nessun movente, solo un omicidio feroce e una violenza senza senso.