Bologna, 30 agosto 2024 – Gli italiani hanno sempre meno reddito. Lo dicono tutti gli indicatori a disposizione, per ultima l’indagine di Confcommercio secondo cui il 42% del bilancio familiare è dedicato ai costi fissi di tasse, bollette, carburanti. Ma "se di tasse e bollette già sapevamo – avvertono Andrea Segrè e Ilaria Pertot, agroeconomista e ideatore di Last Minute Market lui, docente all’Università di Trento lei, dove si occupa di ricerca agroalimentare –, il vero cruccio riguarda ciò che gli italiani fanno con il restante dei soldi, e soprattutto perché". A firma di Segrè e Pertot è in libreria da oggi un saggio intitolato La spesa nel carrello degli altri. L’Italia e l’impoverimento alimentare (Baldini+Castoldi), prefazione del presidente della Cei, il cardinale Matteo Maria Zuppi. Tanti i dati analizzati, e soprattutto una distinzione inedita: c’è la povertà alimentare, e c’è l’impoverimento.
Segrè e Pertot, cosa cambia?
"La povertà alimentare è lo stato di chi non ha accesso fisico, economico o sociale ad un’alimentazione adeguata. L’impoverimento è uno squilibrio alimentare ben più complesso che porta a delle conseguenze su salute, ambiente, economia".
Eppure l’assioma di base è lo stesso: non ho soldi, perciò mangio meno e peggio, no?
"No, intanto perché come vedremo mangia male anche chi di soldi ne ha. E poi perché i dati dimostrano che chi ha pochi soldi, spesso decide di spenderli per mantenere intatti altri fabbisogni, quello tecnologico in primis, a scapito del cibo".
Resta un problema di reddito.
"Anche qui il dato numerico è parziale. L’Istat dice che il 20% delle famiglie necessita di un sostegno e quasi 6 milioni di persone vivono in povertà. Persone che possono usufruire di bonus in realtà poco incidenti sulle reali loro necessità. Come la card ’Dedicata a te’ che, dati alla mano, porta sulle tavole degli italiani meno abbienti tre acciughe al giorno. O una scaglia di Parmigiano... Infine ciò che abbiamo cercato di raccontare, lavorando sull’osservazione di oltre 2mila carrelli della spesa, è che l’impoverimento alimentare ha numeri ben più ampi".
Qualche esempio?
"C’è chi risparmia sul cibo perché, a fronte di una disponibilità economica bassa, reputa di dover risparmiare solo su ciò che mangia, non capendo che così si fa del male. C’è chi ha uno stipendio alto, quindi non figura nelle statistiche, ma da separato vede il proprio reddito dimezzarsi da assegni di mantenimento, mutui e affitti. C’è chi ha una grossa disponibilità economica drenata però dal gioco o altri vizi. Ed è impoverimento alimentare anche il ricorso a cibi di lusso o troppo elaborati, o l’eccesso di pasti al ristorante: il cibo come status da ostentare".
All’indice ci sono le cattive abitudini?
"Più che altro la conseguenza di una mancanza di conoscenza sul cibo e sull’alimentazione e un’assenza di educazione alimentare oggi sempre più preoccupante. Ci sono ad esempio cibi salubri utilizzati in modo insalubre: chi fa un uso eccessivo di olio extravergine di oliva considerandolo la cosa più sana che ci possa essere si fa del male al pari di chi utilizza oli scadenti. E c’è ha disturbi alimentari, come la bulimia. E in fondo a tutti gli esempi citati c’è una costante. Lo spreco".
Ma spreca cibo solo chi ne ha in eccesso o anche chi non ne ha?
"Entrambi, ma i dati ci dicono, paradossalmente, che gli sprechi sono più accentuati nelle classi medio-basse. Perché il cibo è più scadente quindi più deperibile, perché si tende all’acquisto di quantità eccessive per cogliere le famigerate offerte speciali. Sulle quali bisognerebbe chiedersi: ok, ma chi paga lo sconto? Poiché non è mai un regalo, c’è sempre qualcuno che paga".
La ricetta?
"Servirebbero interventi strutturali di contrasto alla povertà. E bisognerebbe reintrodurre un’educazione alimentare, perché gli italiani, pur vivendo nella patria del buon cibo, ne hanno perso la conoscenza. Quindi accesso al cibo e cultura del cibo. Uno ius cibi , per rimanere in tema con la discussione politica".