Venerdì 27 Settembre 2024
EMANUELA ROSI
Cronaca

Ponte Morandi, strage dimenticata. "In 5 anni lo Stato non si è mai scusato"

Egle Possetti, presidente del comitato dei parenti delle vittime, perse quattro familiari: noi soli e abbandonati. "I rischi del ponte erano noti, vogliamo verità e colpevoli". La sentenza di primo grado arriverà nel 2024

I soccorsi dopo il crollo del Ponte Morandi a Genova

I soccorsi dopo il crollo del Ponte Morandi a Genova

Roma, 13 agosto 2023 – ’Don’t forget to fly’ (Non dimenticare di volare) suonerà stasera Remo Anzovino in un teatro Carlo Felice riempito dalla memoria delle vittime del ponte Morandi alla vigilia del quinto anniversario di quella tragedia annunciata. Ma i familiari di quei 43 martiri del crollo riescono ancora a volare? "Noi abbiamo dimenticato come fare, con fatica stiamo cercando di ricominciare. Avere giustizia ci potrebbe aiutare, almeno potrebbe ridarci un po’ di fiducia in uno Stato che ci ha abbandonato prima e dopo il crollo".

Ha la voce stanca Egle Possetti, presidentessa del Comitato ’Parenti vittime ponte Morandi’ oggi parte civile nel processo iniziato poco più di un anno fa: 58 imputati tra ex dirigenti e tecnici di Autostrade e Spea, funzionari del ministero e del provveditorato opere pubbliche, quasi 170 testimoni dell’accusa. Sentenza è attesa non prima del prossimo anno.

"Il nostro dolore non accenna a diminuire, è troppo forte. Pesa sul cuore sapere che la tragedia poteva essere evitata. La conferma che esce dal processo: la situazione era nota da anni e nessuno ha fatto nulla. È sconvolgente rendersi conto di quanti sapevano, avevano dubbi, e non hanno mosso un dito. Rende il nostro dolore inaccettabile. Sapere che i nostri cari sono stati i martiri del ponte ma milioni di persone hanno rischiato di diventarlo è inaccettabile. Gli utili sproporzionati incassati dalla società è inaccettabile. Sapere che non avremo mai una risposta è inaccettabile. Il fatto che il ministero non ha mai controllato è inaccettabile. Sarebbe bastato un ingegnere capace e super partes per evitare la tragedia".

Ora l’attesa della sentenza?

"Ci stiamo impegnando al massimo, da cinque anni non molliamo un colpo. Sono emerse cose molto importanti al processo ma a livello nazionale non se ne parla. Se riusciremo con questa forza ad arrivare fino alla fine, avremo fatto tutto quello che è umanamente possibile. Ci aspettiamo che vengano riconosciute con chiarezza verità e responsabilità. Procura e Guardia di Finanza hanno fatto un grande lavoro, le intercettazioni sono fondamentali. Se il processo arriverà a un finale coerente forse potrebbe essere deterrente per il futuro e l’Italia potrebbe riacquistare un po’ di quella dignità che ha perso".

Il comitato è sempre alle udienze.

"Ma è sempre più difficile stare lì dentro, ascoltare le testimonianze, la sfrontatezza anche di alcuni avvocati della difesa. Ci vorrebbe un po’ di tatto".

E nessuno ha chiesto scusa?

"Nessuno. Mai un’ammissione di colpa per il prima. E lo Stato ci ha abbandonato anche dopo il crollo. I miei genitori ottantenni non hanno ricevuto neppure un telegramma di condoglianze. Nessuno ci ha cercato. Ci ha chiamato solo il Comune di Genova due mesi dopo quel 14 agosto 2018".

La vostra battaglia è anche fuori dall’aula giudiziaria?

"Abbiamo preparato un disegno di legge che già avevamo sottoposto al governo Conte e chiediamo venga approvato. I nostri cari devono essere riconosciuti come vittime dell’incuria. Il disegno prevede una tutela per i deboli, un piccolo contributo a fondo perduto che supporti la battaglia legale per le vittime perché non si sia costretti ad accettare il risarcimento e a rinunciare a essere parte civile nel processo. Noi non siamo in aula per i soldi, che alla fine è l’unica cosa che ci spetterà, siamo lì per parlare, per incidere sulla ricerca della giustizia".