Genova, 25 agosto 2018 - Sarà una demolizione senza precedenti, per la complessità tecnica e le incognite. Case a levante, industrie a ponente, il problema della ferrovia. Come faremo a far sparire quel che resta del ponte Morandi?
«Ci sono tre scenari possibili. L’esplosivo è quel che viene in mente a tutti, la soluzione che si vede in tv. Ma oggi ci sono anche tecniche diverse: escavatori radiocomandati o martinetti idraulici, per indurre un crollo controllato. Si potranno usare più metodologie insieme, perché ogni pezzo di ponte ha la sua storia». Ivan Poroli, ingegnere, è il coordinatore della commissione tecnica di Nad, associazione italiana demolitori. Alcune delle imprese associate stanno lavorando a Genova; altre sono state chiamate al capezzale del gigante per studiare un progetto che ci liberi di un’opera prima ammirata poi maledetta.
Far saltare tutto pare la soluzione più immediata.
«Mica tanto. Vero che l’abbattimento progressivo può richiedere giorni, al netto degli imprevisti, mentre l’uso dell’esplosivo consente di decidere giorno e ora. Ma l’iter per le autorizzazioni è molto lungo, in Italia. Ci sono grossissimi vincoli normativi».
"Pericolo pilone corroso: più degradato di quello caduto"
Nel dettaglio?
«Sono vietate certe tipologie e non si possono usare certi detonatori. In condizioni normali, per trovare l’esplosivo e posizionarlo, ci vogliono dai 30 ai 90 giorni».
Ma questo non è un caso normale.
«Vero. Tutto dipende dalla prefettura. Poi c’è da mettere in conto un lavoro preliminare: bisogna praticare i fori, posizionare le cariche. Operazioni che richiedono almeno qualche settimana».
Guardando a quel che sta sotto o accanto: case e aziende. Come si fa?
«L’abbattimento vero e proprio è prevedibile solo per la parte strallata, a levante. A ponente, dove gli elementi sono tutti separati, è possibile si usino tecniche meno invasive».
Quindi l’intervento potrebbe combinare sistemi diversi.
«Il ponte Morandi ha già molte peculiarità. Ma tutto quel che gli sta intorno e addirittura sotto, influenza in modo drastico la tecnologia per la demolizione. Uno dice, gli americani fanno così... Sì ma loro di spazio ne hanno in abbondanza».
Fuori dalla commissione Brencich e Ferrazza
Qui invece siamo nel mezzo di un quartiere.
«E tutti gli enti stanno raccogliendo informazioni sulle migliori tecnologie per ogni singolo tratto di ponte. Contanto molto le condizioni di contorno, i cosiddetti ricettori sensibili».
Si è parlato molto degli edifici da demolire, gli sfollati sono più di 600.
«Ma sull’altro pezzo ci sono le aziende, a cominciare da Ansaldo. Quindi lì diventa molto molto più complicato valutare il metodo giusto per un intervento davvero efficace».
Qui potrebbero entrare in azione gli escavatori comandati da remoto o i martinetti.
«Le macchine radiocomandate agiscono su punti particolari della struttura, che naturalmente vengono calcolati prima. I sistemi idraulici di spinta idem, intervengono su punti nevralgici e inducono il crollo. Sono cilindri con particolari pistoni, pensiamo al cric che solleva l’automobile quando si fora una gomma».
Vantaggi?
«Si evitano i danni collaterali dell’esplosivo. L’onda d’urto, la proiezione del materiale fino a lunghe distanze».
L’intervento è senza precedenti. Compresa la parte aerea da demolire a est.
«Un ponte strallato in cemento precompresso a mia memoria non è mai stato demolito. Al suo interno ha elementi metallici che sono tesi. Potrebbero esserci colpi di frusta e liberazione di energia non facilmente prevedibile. Quindi una proiezione di cemento anche a distanze importanti».
Demolizione e ricostruzione in un anno, assicurano.
«Dipende da che ponte metallico Genova vorrà. Se si accontenterà di un banalissimo viadotto, probabilmente quei tempi saranno rispettati».