Giovedì 21 Novembre 2024
REDAZIONE CRONACA

Ponte Morandi Genova, la Commissione Mit: "Rischio evidente, crollo non per gli stralli"

Depositata la relazione. "Non esiste alcuna valutazione di sicurezza. Interventi erano improcrastinabili e Aspi poteva limitare il traffico". La replica di Autostrade: "Mere ipotesi da dimostrare"

Quello che resta del ponte Moradni di Genova (Newpress)

Quello che resta del ponte Moradni di Genova (Newpress)

Roma, 25 settembre 2018 - La valutazione di sicurezza del ponte Morandi di Genova richiesta ad Autostrade per l'Italia "non esiste, non essendo stata eseguita la valutazione di sicurezza del viadotto Polcevera". È quanto scrive la Commissione ispettiva del Ministero delle Infrastrutture (Mit) nella relazione sul crollo avvenuto il 14 agosto scorso e costato la vita a 43 persone. La commissione "ha ribadito la propria richiesta" il 31 agosto e "ha appreso che, contrariamente a quanto affermato nella comunicazione del 23 giugno 2017 della Società alla struttura di vigilanza, tale documento non esiste". Inoltre il rischio di crollo era evidente già negli anni scorsi - prosegue la commissione presieduta dall'ingegner Alfredo Principio Mortellaro - e ancor più lo era nel progetto di retrofitting di Autostrade del 2017. Il concessionario ha sottovalutato l'"inequivocabile segnale di allarme", ha "minimizzato o celato" la gravità della situazione al Mit e "non ha adottato alcuna misura precauzionale a tutela dell'utenza". 

CROLLO DOVUTO A STRUTTURA - La Commissione poi "ritiene più verosimile che la causa prima" del crollo del ponte Morandi "non debba ricercarsi tanto nella rottura di uno o più stralli, quanto in quella di uno dei restanti elementi strutturali (travi di bordo degli impalcati tampone o impalcati a cassone) la cui sopravvivenza era condizionata dall'avanzato stato di corrosione presente negli elementi strutturali". Nel progetto esecutivo di Autostrade per la manutenzione sono contenuti "valori del tutto inaccettabili, cui doveva seguire, ai sensi delle norme tecniche vigenti, un provvedimento di messa in sicurezza improcrastinabile", scrive ancora nella sua relazione precisando che "dalle informazioni a disposizione di questa Commissione non fu invece assunto alcun provvedimento con tali caratteristiche". Inoltre, aggiunge, "di tale informazione di evidente enorme importanza non era a conoscenza" il personale dirigenziale Aspi.

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DITO PUNTATO SU AUTOSTRADE - Per la commissione tecnica il crollo del ponte Morandi a Genova dimostra che "questo sistema di gestione dell'infrastruttura pubblica, sul piano economico e gestionale, non ha funzionato e in particolare non ha garantiro la sicurezza degli utenti". La relazione punta il dito su Autostrade per l'Italia, che "pur a conoscenza di un accentuato degrado del Viadotto" e "in particolare delle parti orizzontali di esso che appalesavano deficit strutturali, non ha ritenuto di provvedere, come avrebbe dovuto, al loro immediato ripristino e per di più non ha adottato alcuna misura precauzionale a tutela della utenza, inattuando in sostanza il principio di coerenza nella messa in sicurezza". E ancora le misure adottate dalla società per la prevenzione del viadotto Polcevera "erano inappropriate e insufficienti considerata la gravità del problema", scrivono i tecnici nominati dal Mit, sottolineando che Autostrade "era in grado di cogliere qualitativamente l'evoluzione temporale dei problemi di ammaloramento, ma con enormi incertezze. Tale evoluzione, ormai già da anni, restituiva un quadro preoccupante, e incognito quantitativamente, per quanto concerne la sicurezza strutturale rispetto al crollo". 

"SI POTEVA LIMITARE IL TRAFFICO" - "La responsabilità contingente più rilevante, consiste nel fatto che, nonostante tutte le criticità" del ponte Morandi, "la società concessionaria Aspi non si sia avvalsa, nel caso concreto, dei poteri limitativi e/o interdittivi regolatori del traffico sul viadotto e non abbia eseguito conseguentemente tutti gli interventi necessari per evitare il crollo verificatosi". La commissione evidenzia inoltre una "irresponsabile minimizzazione dei necessari interventi da parte delle strutture tecniche di Aspi, perfino anche di manutenzione ordinaria, che non hanno trovato immediata risoluzione neanche in una logica di massima conservazione del bene con il minor costo, come ad esempio la pulizia della rete di scarico dei pluviali segnalata con frequenza nelle schede di ispezione trimestrale". 

PROCEDURA DI SICUREZZA INADATTA - Infine, scrive la Commissione, "la procedura di sicurezza strutturale delle opere d'arte documentata da Aspi, basata sulle ispezioni, è stata in passato ed è tuttora inadatta al fine di prevenire i crolli e del tutto insufficiente per la stima della sicurezza nei confronti del collasso". "Tale procedura - si legge ancora - era applicata al viadotto Polcevera ed è ancora applicata all'intera rete di opere d'arte di Aspi". "A causa della omissione della segnalazione delle criticità non riportate con la dovuta evidenza negli elaborati progettuali presentati da Aspi - conclude la Commissione del Mit - le funzioni consultive del Comitato tecnico amministrativo del provveditorato non si sono potute espletare" e questa mancata valutazione "ha comportato l'espressione di un parere contenuto in considerazioni fuorviate e fuorvianti".

LA REPLICA DI AUTOSTRADE - Alle dure accuse replica però la stessa società. "Le responsabilità ipotizzate dalla Commissione" ispettiva del Mit "a carico di Autostrade per l'Italia non possono che ritenersi mere ipotesi ancora integralmente da verificare e da dimostrare, considerando peraltro che il comportamento della Concessionaria è stato sempre pienamente rispettoso della legge e totalmente trasparente nei confronti del Concedente", scrive in una nota. "Rispetto alla contestata assenza del documento sulla valutazione della sicurezza", poi Autostrade per l'Italia chiarisce che "tale documento è prescritto soltanto per infrastrutture situate nelle zone sismiche 1 e 2, mentre non è prescritto nelle zone 3 e 4 al cui interno è collocato il Ponte Morandi". La società precisa anche che "la comunicazione inviata dalla società al Ministero il 23 giugno 2017, citata dalla relazione come addebito omissivo, aveva tutt'altro oggetto riguardando i criteri di monitoraggio e non la valutazione della sicurezza".