Roma, 30 ottobre 2019 - "L’esercito ha dato a noi donne pari opportunità. In pieno. Abbiamo potuto realizzare i nostri sogni, e possiamo farlo gestendo la quotidianità della vita e della famiglia". Venti anni fa, il 20 ottobre del 1999, il Parlamento approvava la legge che apriva alla parità di genere nelle forze armate. Un percorso che venti anni dopo è rappresentato dalle oltre 16mila donne in divisa, che hanno ruoli operativi nel sistema della difesa nazionale. La storia del maggiore Pamela Sabato è un esempio di questa apertura: pilota un elicottero d'attacco AH-129 Mangusta, ha al suo attivo missioni operative in teatri ‘caldi’ come l’Afghanistan, dove ha guidato un’unità con 20 militari alle sue dipendenze. Senza esitazioni, con piglio e passione.
Cosa vuol dire pilotare un elicottero d’attacco? "Significa stare in cielo, e proteggere uomini che operano a terra e rischiano la vita. In altri casi significa fare da scorta a un convoglio, oppure a elicotteri da trasporto. Situazioni diverse, due valori costanti: impegno e dedizione. Tante volte mi è capitato di essere in volo e sapere che sotto di me avevo persone conosciute che avevano bisogno del mio aiuto. La responsabilità è tanta, e dobbiamo fare il nostro dovere".
Un ruolo delicato che richiede anche l’uso delle armi. "Rientra nel nostro lavoro. Siamo addestrati per poter fronteggiare queste situazioni, anche se non nascondo che le emozioni sono altissime. Attualmente sono l’unica donna dell’aviazione dell’esercito abilitata a pilotare elicotteri d’assalto. Altre due colleghe pilotano elicotteri da trasporto, una gli aerei. Il mio sogno sarebbe avere un equipaggio tutto in rosa (l’equipaggio del Mangusta è composto da un pilota e un addetto alle armi, ndr ) ma la verità è che mi sono trovata sempre benissimo con tutti i colleghi con i quali ho volato".
Ma come le è venuto in mente di arruolarsi? "Quasi per caso. Ero al liceo e con una mia amica ho partecipato a una di quelle giornate di orientamento. Ho cominciato dalla base, dal servizio come volontario in ferma annuale. Poi ho vinto il concorso per entrare in accademia; ho cominciato l’addestramento sugli elicotteri d’attacco. Poi è arrivato l’impiego all’estero. In tutto ho fatto quattro missioni in Afghanistan, tutte operative. Sono tornata a settembre dall’ultimo turno; adesso sono a Rimini, al 7° reggimento Aves ‘Vega’".
Oggi lei è maggiore e ha anche ruoli di coordinamento e comando, come si comportano gli uomini con un ufficiale donna? "Siamo professionisti. Tutti, a prescindere dal grado. Mi piace pianificare il lavoro; siamo una squadra, ognuno sa esattamente cosa fare quando viene indicato un obiettivo. In questi anni non c’è stata mai la necessità di ripetere delle cose. Le decisioni si prendono, poi si lavora per raggiungere al meglio lo scopo che ci siamo prefissati".
Come ha potuto conciliare il suo ruolo impegnativo con la vita ‘civile’? "L’esercito ci ha dato veramente pari opportunità. Io ho realizzato i miei sogni; ho frequentato l’accademia, sono diventata pilota seguendo l’idea del volo che mi affascinava fin da piccola. Ma ho potuto anche avere una mia famiglia, ho una bambina che sta crescendo e posso starle accanto. Non mi pare poco".