Giovedì 12 Dicembre 2024
REDAZIONE CRONACA

Strage di piazza Fontana 55 anni dopo, Mattarella: “Prova terribile, Milano fu baluardo”. La Russa: “Impronta neofascista”

Il presidente della Repubblica ha ricordato l’attentato del 12 dicembre 1969, che diede inizio agli Anni di Piombo: “Tutto il Paese seppe unirsi”. Oggi la commemorazione

La strage di piazza Fontana a Milano

La strage di piazza Fontana a Milano

Milano – Dopo 55 anni dalla strage di piazza Fontana nella politica sembra esserci, finalmente, una visione comune. Cioè quella di un gravissimo attentato di matrice neofascista. Quel 12 dicembre 1969 una bomba esplose all’interno della Banca nazionale dell’Agricoltura di Milano, situata appunto in piazza Fontana, causando 17 morti e 88 feriti. La gravità di quell’attacco alla democrazia fu inattesa e, come ha ricordato oggi il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, rappresentò una “prova terribile” per il popolo italiano. Quella strage diede inizio agli Anni di Piombo, cioè quella stagione di terrorismo interno che finirà solo a metà degli anni Ottanta. Come ogni anno, i familiari delle vittime chiedono a un giovane di parlare durante la commemorazione nel luogo della tragedia: oggi toccherà alla ventiseienne Chiara Sensini, originaria di Spoleto.

Mattarella: “Il Paese seppe unirsi”

“Fu innanzitutto l’unità in difesa dei valori costituzionali a sconfiggere gli eversori e a consentire la ripresa del cammino di crescita civile e sociale”, ha dichiarato Mattarella. “Milano fu baluardo e tutto il Paese seppe unirsi. Preziosa eredità e, al tempo stesso, lezione permanente giacché non era scontato”. Dopo l’attentato, seguirono diversi tentativi “di depistaggio e di offuscamento” della verità anche da parte di sezioni deviate dello Stato, nell’ottica di quella che viene definita “strategia della tensione”, cioè un insieme di tattiche usate per destabilizzare il Paese attraverso atti di violenza collettiva allo scopo di giustificare misure repressive.

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La condanna

Nel corso degli anni, la ricerca dei responsabili è stata lunga e difficile e si è conclusa – dopo svariati gradi di giudizio e revisioni di processi – con la condanna agli esponenti dell’organizzazione neofascista Ordine Nuovo Franco Freda e Giovanni Ventura. Venne confermato dai giudici anche il coinvolgimento di agenti e collaboratori del Sid (l’ex servizio segreto italiano) per i depistaggi. “Verità e democrazia – ha detto il capo dello Stato – hanno un legame etico inscindibile. Aver ricostruito la propria storia, anche laddove essa è più dolorosa, à stata condizione per trasmettere il testimone alle generazioni più giovani, a cui tocca ora proseguire il percorso di civiltà aperto dai nostri padri nella lotta di Liberazione e nella Costituzione”.

La Russa: “Matrice neofascista”

Al ricordo di Mattarella si è unito anche il presidente del Senato Ignazio La Russa, che ha ricorcato come il “percorso giudiziario ha evidenziato l’impronta neofascista. Fu un atto terribile, che lasciò una ferita indelebile in un periodo buio e di forte tensione per la nostra Nazione, superato solo grazie al senso di coesione e alla volontà di ricerca della verità”.

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Il caso Pinelli

Giuseppe Pinelli è considerato, da alcuni, la diciottesima vittima di Piazza Fontana. La sua morte è uno dei grandi misteri italiani. L’uomo fu una delle circa 150 persone fermate a seguito dell’attentato a causa dei suoi legami col mondo anarchico. Venne trattenuto in questura e sottoposto a un durissimo interrogatorio, che si protrasse oltre le 48 ore di fermo previste senza l’autorizzazione di un magistrato. Durante il terzo giorno, Pinelli precipitò dal quarto piano dell’edificio e morì in circostanze mai chiarite.

L’allora questore Marcello Guida dichiarò, in conferenza stampa, che si era suicidato: versione che avrebbe in parte confermato un’implicazione di Pinelli nella strage. Ma i suoi compagni affermarono, e continuarono a farlo negli anni a venire, che venne gettato giù dalla finestra dagli agenti di polizia.

Un’inchiesta sulla morte, svolta anche su pressione della vedova Pinelli, si concluse nell’ottobre 1975 e attribuì la morte del ferroviere a un malore. Nessuna imputazione venne formulata, né per omicidio colposo né per abuso d'ufficio (nonostante fosse stato trattenuto anche dopo la scadenza del fermo) né per falso ideologico (per aver dichiarato che si era suicidato).

Come ogni anno, ci sono anche le figlie Silvia e Claudia Pinelli al corteo per commemorare le vittime della strage di piazza Fontana. Le donne hanno appena perso la mamma Licia: “Siamo qui quest'anno, come tutti gli anni. Sicuramente dopo la morte di nostra madre quest'anno è più doloroso come anniversario. Ma è importante sempre essere in piazza per fare memoria, una memoria che va coltivata ogni giorno. Licia ha seminato bene e noi siamo pronte, abbiamo sempre affiancato l'associazione delle vittime di piazza Fontana perché è stato sempre importante riconoscersi in una storia di verità e giustizia negata”.

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“La verità storica – hanno detto – è acclarata ed è stata riconosciuta anche da due presidenti della Repubblica. Le responsabilità sono chiare così come le complicità, per diventare una democrazia compiuta bisogna accettarla questa verità perché ci sia una memoria collettiva”. E ora c'è la proposta del Consiglio comunale per cambiare il nome di una via e dedicarla a Giuseppe Pinelli.